Da quando ho iniziato a lavorare con gli adolescenti mi sono resa conto di quanto abbiamo da imparare su questa fascia d’età, su come approcciarci a quelli che spesso vengono visti come “impossibili da capire”, con quelli che vengono già considerati adulti e fanno spesso molta fatica a entrare in relazione.
L’adolescenza è una fascia d’età molto ampia, che inizia praticamente con l’inizio del liceo e termina quando anche il ciclo superiore finisce, se non dopo, e che proprio per questo, è spesso caratterizzato da molti cambiamenti, di idee, di visione del mondo, di valori, di rapporti coi genitori. È una fascia d’età in continuo cambiamento, quando sembra di essersi messi al passo, in realtà si è rimasti indietro… un po’ come con la nuova versione dell’I-Phone.
È una fascia d’età caratterizzata da una continua ambivalenza di concetti, come se due aspetti fossero in continua contrapposizione e completamento (in loro ma, di conseguenza, anche in chi li circonda, che reagisce all’adolescenza anche in base alla propria e ai modelli adulti di riferimento che ha a sua volta avuto) e dalla necessità, da parte dell’adolescente, di costruirsi una nuova propria identità, staccata da quella dei genitori.
Quando la prima volta ho dovuto, ma soprattutto voluto, affiancarmi a un gruppo di adolescenti, ho cercato di informarmi il più possibile, di guardarmi intorno, di prendere spunto, perché non mi sentivo mai sufficientemente pronta, terrorizzata dalla difficoltà nel relazionarsi con loro che poteva sorgere e di cui sentivo parlare ovunque intorno a me e allo stesso tempo spaventata dal diventare quell’adulto che “l’adolescente proprio non lo capisce”. Io, che quella fascia d’età l’avevo appena passata. Non voglio di certo dire che ora, dopo un paio di anni sia molto più semplice, anzi, lo scontro è sempre dietro l’angolo e a volte sono così convinti di quello che pensano da non ascoltarti, da non capire perché parli loro in un determinato modo, in altre sono bisognosi di risposte tanto da affidarsi comunque a tutto quello che dici… ma tu da adulto non puoi comunque sostituirti a loro, le scelte devono essere sempre e comunque loro e tu puoi guidarli in questo viaggio alla scoperta di cosa significa scegliere e crescere.
Ho scoperto che gli aspetti più legati alla relazione, quelli che permettono ai ragazzi di ascoltarmi quando parlo, di, almeno, valutare quello che sto dicendo, non possono prescindere dall’ascoltarli a mia volta, dal conoscerli, per sapere come rapportarmi, quando dire una cosa e quando semplicemente chiedono un consiglio ma in realtà cosa fare già lo sanno e vogliono semplicemente essere ascoltati, o la conferma definitiva prima di “buttarsi”. Ho scoperto l’importanza sia positiva che negativa, che può avere a volte un silenzio, l’importanza di sentirsi libera di dire “mi informo e poi ti faccio sapere” (e poi farlo davvero), senza farsi prendere dall’urgenza di dover sapere per forza tutto, magari inventando soluzioni nella speranza che l’altro non se ne accorga, in una parodia di quando da adolescenti, pur non avendo studiato, provavamo a inventare qualcosa nella speranza che il prof. non se ne accorgesse.
Come psicologa viene spesso presentata l’importanza di sospendere il giudizio, durante l’ascolto e nel frattempo essere vissuta come un’uditrice attiva e che partecipa di quello che le viene raccontato. Mai parlando con altri l’ho trovato così importante e sentito così profondamente necessario come quando parlo con gli adolescenti, come se fossero sempre sul punto di scattare non appena dici qualcosa che loro possono vivere come un giudizio.
Mi è piaciuto molto l’intervento in cui ci si chiede se sia effettivamente necessario conoscere la fase dell’adolescenza al 100%, conoscendo tutto quello che stanno pensando. A volte perché effettivamente non capisci, ma non perché non vuoi o per cattiveria, ma semplicemente perché alcuni aspetti che tu hai superato adesso li vedi in un’ottica diversa che fai fatica a spiegare a loro, ed è anche normale e giusto che molte volte non lo capiscano o non vogliano capirlo; altre volte perché, in quanto persone diverse, lo stesso evento non è vissuto da loro allo stesso modo in cui hai potuto viverlo tu. E va bene lo stesso. Altre volte ancora perché l’adolescente, per la stessa natura della fascia d’età in cui si trova, non vuole e non pretende che tu adulto capisca tutto quello che sta passando e pensando. Anzi, proprio per la sua necessità di differenziarsi dagli adulti che li circondano, in modo da riuscire in una seconda fase a trovare negli adulti un punto di riferimento, pensa che gli adulti non possano proprio capirlo, perché quello che sta vivendo lui/lei è più grave, più personale, incomprensibile. E allo stesso tempo c’è tanta voglia, tanto desiderio, di essere compresi. Ecco di nuovo l’ambivalenza di cui parlavo all’inizio.
L’adolescenza è un’età difficile perché è un’età di passaggio, di crisi, in cui quest’ultima va vissuta in ottica trasformativa. E proprio in quanto età di passaggio è un’età piena di contraddizioni, vissute sia dai ragazzi che dalle persone che li circondano. È quell’età in cui non sono più bambini ma neanche adulti, con confini d’età non troppo definiti anche grazie all’influenza della società, per cui i bambini sono lasciati più liberi e con meno supervisione, nella speranza che in qualche modo questo faccia sviluppare chissà quali capacità e viceversa un allungarsi del periodo in cui ci si sente economicamente (ma non solo) ancora dipendenti dai genitori, dovuto anche alla necessità sentita da molti di continuare gli studi universitari, permettendo ai ragazzi di rimandare l’entrata nel mondo del lavoro. Ho discusso a lungo con dei ragazzi di 17/18 anni di cosa significa essere adulti: qualcuno la vede come una cosa lontanissima, qualcuno non ci vuole arrivare, qualcuno non vede l’ora e qualcuno ci vuole arrivare ma intanto si gode i 18 anni.
Certamente essendo un’età complessa e non essendo l’uomo un’isola, viene percepita come tale anche da tutti quelli che circondano i ragazzi, come il brano inviato da Silvio suggerisce; dovendo infatti il ragazzo cercare una sua individualità questo si tradurrà spesso in scontri con la famiglia d’origine, con i suoi valori (di cui poi farà una cernita, scegliendo quali vale la pena tenere), che sono più violenti a seconda di quanta violenza il ragazzo ritiene necessaria per sciogliere il nodo che lo tiene legato alla famiglia. (molto interessante sull’argomento amore familiare e necessaria individuazione per il passaggio all’età adulta l’albo illustrato “Fili” di Torill Kove).
Lo scontro in adolescenza non è solo con le figure di riferimento, ma anche con la realtà. È la fascia d’età in cui, per la maggior parte, per la prima volta, l’ideale si deve scontrare con la realtà, non solo per quanto riguarda i valori, ma anche per quegli argomenti che sembrano e che sono molto importanti per questa fascia d’età, come l’amicizia e l’amore. E anche in essa si vede tutta l’ambivalenza caratteristica di questa età: inizia a crescere nel ragazzo e nella ragazza l’idea che le relazioni vadano coltivate per durare, però allo stesso tempo c’è ancora la speranza di un destino, di un “siamo fatti gli uni per gli altri”, che a volte rischia anche di trasformarsi in una scusa per le piccole incompatibilità, che magari si sarebbero potute risolvere con il dialogo.
È il tempo delle speranze e della disillusione, dell’amicizia e dell’individuazione, del destino e della capacità di esserne gli artefici.
Mi sembra molto significativa a riguardo anche la canzone 20 anni dei Maneskin, di cui riporto il testo completo, in cui leggo tutta la voglia che è anche degli adolescenti di costruire qualcosa, tutta la paura per qualcosa che sembra definitivo come il futuro che si vuole intraprendere (e l’entusiasmo di volerlo comunque intraprendere) e tutta la dualità adulto/bambino con cui viene vista dagli altri, ma un po’ anche da loro stessi, questa fascia d’età.
“E c’ho vent’anni
perciò non ti stupire se dal niente faccio drammi
ho paura di lasciare al mondo soltanto denaro
che il mio nome scompaia, tra quelli di tutti gli altri
ma c’ho solo vent’anni
e già chiedo perdono per gli sbagli che ho commesso
ma la strada è più dura quando stai puntando al cielo
quindi scegli le cose che sono davvero importanti
scegli amore o diamanti, demoni e santi
sarai pronto per lottare oppure andrai via
e darai la
colpa agli altri o la colpa sarà tua
correrai diretto al sole oppure verso il buio
sarai pronto per lottare per cercare sempre la libertà
e andare un passo più avanti, essere sempre vero
spiegare cosa è il colore a chi vede bianco e nero
andare un passo più avanti essere sempre vero
prometti domani a tutti parlerai di me
anche se ho solo vent’anni dovrò correre
io c’ho vent’anni e non mi frega un cazzo, c’ho zero da dimostrarvi
non sono come voi che date l’anima al denaro
dagli occhi di chi è puro siete soltanto codardi
e andare un passo più avanti, essere sempre vero
spiegare cosa è il colore a chi vede bianco e nero
andare un passo più avanti essere sempre vero
e prometti domani a tutti parlerai di me
e anche se ho solo vent’anni dovrò correre… per me
sarai pronto per lottare oppure andrai via
e darai la colpa agli altri o la colpa sarà tua
correrai diretto al sole oppure verso il buio
sarai pronto per lottare per cercare sempre la libertà
e c’hai vent’anni
ti sto scrivendo adesso prima che sia troppo tardi
e farà il male il dubbio di non essere nessuno
sarai qualcuno se resterai diverso dagli altri
ma c’hai solo vent’anni”
Chiara Alpi
Bibliografia
Colombo C., & Corneli F. (2009). Il viaggio dell’adolescenza: la paura, l’attesa, la speranza. In Marcoli, A., E le mamme chi le aiuta? (P.111 – 122). Milano: Mondadori.
Fonte iconografica: Torill Kove, Fili
Pubblicato il 28 febbraio 2022