La riflessione ha avuto come spunto iniziale la seguente proposta:
«Il Bonus per lo Psicologo pare sia stato approvato. Il che dovrebbe consentire, a coloro che non ne avrebbero la possibilità economica, di rivolgersi (chi lo sa…) a uno di voi. La “quota” mi pare di aver capito sia abbastanza ridotta, comunque meglio di niente. Per noi è un segnale.
Esercitiamoci, allora: dopo aver preso l’appuntamento, ecco che un cittadino chiede il vostro aiuto e si presenta con il suo bel bonus. In apertura del colloquio e quasi per presentare il proprio disagio, vi dice: «Un immenso vuoto, un immenso vuoto: tutto è vuoto. Tutte le parole sono logore. Ho visto tutte le azioni fatte sotto il sole: ecco, tutto è vuoto e fame di vento. Ho in odio la vita: mi fa orrore. Più beato di tutti è chi non esiste ancora e non ha ancor visto tutto il male perpetrato sotto il sole».
E voi, come reagireste? Che cosa immaginate di potergli dire? Che stia attraversando una fase potentemente depressiva che potrebbe addirittura prefigurare un suicidio?»
Purtroppo, non ho (ancora) un bagaglio di esperienza e di conoscenza tali da poter definire l’approccio più corretto alle parole citate, vorrei allora dopo una riflessione sul contributo raccontare una breve storia di intervento avvenuta ad un mio amico docente che può forse aiutare a capire come indirizzare meglio l’aiuto ad un giovane bisognoso di supporto psicologico.
Auguro una buona giornata
Luca
Il contributo economico dato dal bonus psicologo, sufficiente a pagare (forse) una sessione di 12 sedute di psicoterapia, è stato introdotto in seguito a recenti studi statistici che hanno visto come in questi ultimi anni siano aumentate le percentuali di persone, soprattutto bambini e adolescenti, che soffrono di depressione, ansia, trauma da stress e fragilità psicologica causata dalla pandemia e dalla crisi socio economica che si è abbattuta su quelle famiglie che hanno perso il posto di lavoro, ma anche per coloro che sono in condizioni di disagio mentale a causa di altri fattori o per le situazioni di stress dovute alla Dad o allo smart working.
Nel 2020 i maggiori incrementi di prevalenza del disturbo depressivo maggiore e dei disturbi d’ansia sono stati registrati nelle zone del mondo con i tassi di infezione più alti e lì dove le limitazioni della circolazione delle persone sono state più stringenti. Un’ampia analisi che ha incluso 29 studi condotti su oltre 80mila giovani e da poco pubblicata su JAMA Pediatrics, ha dimostrato infatti che oggi un adolescente su quattro ha i sintomi clinici di depressione e uno su cinque segni di un disturbo d’ansia. Casi che risulterebbero raddoppiati rispetto al periodo precedente alla pandemia.
Dalla chiusura alla difficoltà a riuscire di casa quando ci sono state le opportunità per farlo, fino a una serie di sintomi come i disturbi del sonno, aumentati in maniera esponenziale, o ancora difficoltà di concentrazione, disturbi cognitivi fino alla mancanza di energia e alla riduzione della vitalità. A questi si sono aggiunti segnali tipici della sintomatologia depressiva come i progressivi sentimenti di auto-svalutazione, disturbi dell’attenzione e dell’emozione, disturbi del comportamento alimentare fino a gesti di autolesionismo o alla ricerca di sostituti compensatori come l’alcol e le sostanze stupefacenti. L’attuale condizione di ripresa, l’uscita dal lockdown, è sicuramente stata una svolta positiva, così come è stato importantissimo il ritorno a scuola e in questo clima di esasperata ricerca di ritornare alla normalità anche il bonus per lo psicologo è sicuramente una proposta che, potrebbe avere dei risvolti positivi soprattutto per le giovani leve costrette a sperimentare sulle loro esistenze il periodo di chiusura che ha messo fine all’improvviso alla loro normalità. In effetti tutti abbiamo bisogno di normalità, di gesti spensierati, di vivere la vita, di gioire, di ridere, di abbracciarci, di sorridere, ci mancano i sorrisi, le pacche sulle spalle, gli abbracci, le strette di mano, così importanti a relazionarci con gli altri senza le imposizioni di mantenere la distanza di sicurezza, tenere la mascherina ben salda sul naso e sulla bocca, lavarsi accuratamente e non avvicinarsi agli altri. Forse a mio parere direzionare il bonus verso le nuove generazioni sarebbe auspicabile, sono infatti le nuove generazioni che stanno vivendo la crisi più profonda e sicuramente non riusciamo a fare previsioni di ciò che resterà nella loro mente una volta divenuti adulti o quanta resilienza potranno avere per fronteggiare la vita futura. Non mi stupirei se a pronunciare le parole della citazione “un immenso vuoto, un immenso vuoto: tutto è vuoto. Tutte le parole sono logore. Ho visto tutte le azioni fatte sotto il sole: ecco, tutto è vuoto e fame di vento. Ho in odio la vita: mi fa orrore. Più beato di tutti è chi non esiste ancora e non ha ancor visto tutto il male perpetrato sotto il sole” fosse un adolescente, che diventato uomo, si reca da uno psicoterapeuta per cercare aiuto. A proposito mi avvalgo del ricordo di una conversazione avuta per caso con un amico docente alle scuole medie, che leggendo i temi di classe, mi parla di un ragazzino che nel suo tema fa un dettagliato racconto degli ultimi mesi del primo lockdown, quando davanti al computer senza accorgersene comincia a giocare con i suoi capelli, ne fa dei ciuffetti e poi li strappa. Dopo un mese di Dad i suoi capelli si diradano, i genitori preoccupati se ne accorgono e intervengono affidandolo ad uno psicoterapeuta. Il ragazzino diventa consapevole dell’ansia e della frustrazione che lo logora. L’empatia stabilita subito con lo psicologo, i colloqui frequenti via Skype, il conforto amorevole dei genitori lo aiutano a superare l’evento stressogeno. Adesso può anche confidarsi con il suo docente e scrivere dell’accaduto.
Ben venga allora il bonus dello psicologo, in quanto è reale il rischio che il diffuso disagio mentale possa compromettere seriamente la salute futura dei ragazzi che reagiscono con diverse modalità comportamentali: panico, anoressia, tentato suicidio, episodi di autolesionismo, somatizzazioni d’ansia dipendenze, angoscia, smarrimento, difficoltà relazionali, paura, sfiducia, bassa autostima o mutismo selettivo.
L’approccio psicologico ad un paziente che chiede aiuto, non può non avvalersi dell’aiuto della famiglia all’interno della quale deve crearsi un clima favorevole all’ascolto, come pure può essere d’aiuto un sistema di screening preventivo, che permetta di riconoscere quei giovani che individualmente ma anche magari per predisposizione famigliare, hanno maggiori livelli di rischio depressivo o emotivo. In questo uno sportello d’ascolto psicologico all’interno delle scuole, insieme all’aiuto dei docenti attenti a percepire il minimo cambiamento, che si riflette subito sull’andamento scolastico, può rivelarsi un’arma vincente. E poi, in base ai risultati di questi screening, indirizzare i ragazzi verso percorsi di psicoterapia, cognitiva come interpersonale, molto efficaci. L’intervento tempestivo e mirato per fasce d’età deve rinforzare l’autostima del paziente, fargli vedere una luce in fondo al tunnel, rassicurarlo che non è solo ad affrontare le sue paure e che l’angoscia fa parte dell’essere umano in quanto tale. Come dice il Qohelet: “L’inquietudine e l’incessante ricerca di senso, la paura dell’ignoto, di ciò che ci attende o non ci attende oltre la morte, infatti, accomunano il genere umano come tale”. Lo psicoterapeuta se da un alto deve contribuire a far accettare al paziente la realtà di una vita che comunque vale la pena di vivere, dall’altro deve fornire al paziente la possibilità di vivere la sua vita con distacco, in modo da cogliere il significato di libertà interiore e della sua grandezza spirituale.
https://jamanetwork.com/journals/jamapediatrics/fullarticle/2782796