PROLOGO E CHIAVE DI LETTURA
(A PROPOSITO DI ANIMA E DI PENSIERO)
Chissà se qualcuno tra di voi (volontarie o volontari) è per caso capitato, in questo periodo di fine estate, su quest’ultima pagina del nostro Blog. Seppur improbabile, ciò è comunque possibile. Proviamo allora a discorrere insieme del perché la lettura di un testo, a suo modo “difficile” e in apparenza lontano dall’operare pratico di ciascuno di voi, nasconde in realtà spunti e tracce di un ragionare denso di concretezza operativa.
Nel Purgatorio, Dante chiama “angelica farfalla” l’anima. Ecco allora un punto importante: nei territori in cui opera l’UVI, si incontrano, giocano, si divertono e imparano le “anime” di bambini, bambine, ragazzi e ragazze. “Educati”, ciascuno di loro da ciascuno di voi, a essere cittadini liberi e pensanti, indipendentemente dall’essere o meno credenti (ecco il punto descritto dal Cardinal Martini).
«Esiste l’anima?»: un tema che abbiamo discusso Verena Zudini e io, riconducendoci a una lettura in chiave platonica di una disciplina il più delle volte vissuta come “ostica”: la matematica. La matematica, dunque, come propedeutica alla filosofia, perché l’anima sia libera di volare.
In questo senso, ognuno di voi è un operatore che “lavora” perché la scuola sia un esercizio di libertà. La matematica, quindi, come linguaggio trasversale, titolare di un’universalità sconosciuta ad altre modalità linguistiche. Chiedetevi: ne state facendo buon uso? O vi state limitando all’insegnamento della lingua italiana, passaggio in ogni caso fondamentale?
Se siete giunti fin qui, è il momento di lasciar veleggiare la vostra mente nel mare delle prossime suggestioni: scoprite voi se, e in quale misura, rispondono alle vostre necessità operative. Per poi farcelo sapere (il che, l’esperienza insegna, è altamente improbabile… soprattutto in questo periodo di fine estate…).
*
E se ci chiedessimo: «Esiste l’anima?».
Con un colpo d’ala, potremmo rilanciare: «Esiste il pensiero?».
Carlo Maria Martini, del resto, non ci chiede: «Sei credente o non credente?», ma: «Sei pensante o non pensante?».
Rispondere, in tutti i casi, è impegnativo.
Chi di noi (non) se la sente di affermare di essere “pensante”, nel senso inteso da Martini? In fondo, di qualsiasi ordine e grado sia, la scuola dovrebbe educare e insegnare a esserlo.
Quando però Alberto Angela, nel suo congedarsi, augura a suo padre Piero: «Buon viaggio, papà», sotto sotto avanza l’ipotesi che un qualcosa di simile all’anima vi sia e che questo “qualcosa” possa continuare e andare oltre il proprio viaggio terreno.
In ogni caso, credente o meno, ognuno di noi può viaggiare a cavallo del proprio pensiero.
In uno spazio temporale occupato dall’anima fattasi pensiero. A due direttrici.
Verso il passato, come ripensato con nostalgia.
Come, ad esempio, nel Nabucco di Giuseppe Verdi.
Sulle sponde dell’Eufrate, gli Ebrei, incatenati e costretti al lavoro, pensano con nostalgia alla loro patria:
«Va pensiero sull’ali dorate, / […] Del Giordano le rive saluta, / […] Oh mia patria sì bella e perduta! / Oh membranza sì cara e fatal! […] Le memorie nel petto raccendi, / Ci favella del tempo che fu! […]» (libretto di Temistocle Solera, Milano, 1842).
Verso il futuro, come immaginato (pensato o sognato).
Potremmo allora sciogliere le vele al vento dell’immaginazione, seguendo le indicazioni etimologiche, latina ‒ “anima” come aria, soffio, respiro, principio vitale, vita; “animus” come spirito, principio pensante ‒ e greca ‒ “anemos” come vento, soffio: richiama l’accadico “Anim”, dio del cielo; ricalca la base sumerica “IM”, dio del vento, dove il segno “IM” rappresenta molto probabilmente una vela.
Dell’“anima-angelica farfalla” parla Dante:
«O superbi cristian, miseri lassi, / che, della vista della mente infermi, / fidanza avete ne’ retrosi passi, / non v’accorgete voi che noi siam vermi / nati a formar l’angelica farfalla, / che vola alla giustizia sanza schermi?» (Purgatorio, X, 121-126).
Eugenio Montale, a suo modo, commenta:
«C’è chi tira a pallini / e c’è chi spara a palla. / L’importante è far fuori / l’angelica farfalla» (A caccia).
Eccoci arrivati al punto: ogni essere umano, privo della “vista della mente”, fa di tutto per “far fuori” la propria anima.
Qui, però, potrebbe venire in soccorso una disciplina particolare, non sempre amata perché spesso non compresa: la matematica, che si rivela utile e ci azzecca anche in questo ambito.
Riconosciamo l’importanza della matematica come materia che allena e mantiene agile il pensiero, ricordando, nello specifico, la concezione platonica secondo cui essa è disciplina fondamentale per la formazione del futuro filosofo.
Si racconta, infatti, che sul frontone dell’Accademia, la scuola di Platone ad Atene, fosse scritto: “Non entri chi non conosce la geometria”. Sia pure questa un’invenzione dovuta a fonti tarde, essa testimonia in ogni caso la centralità che la matematica ha nel pensiero di Platone, non di per sé un matematico, anche se maestro di matematici, allievi della sua Accademia.
Platone è grande estimatore della matematica, come si evince dalle sue opere, e ne apprezza la funzione preparatoria e quindi propedeutica alla filosofia, come conoscenza al suo grado più alto.
L’anima può così continuare a essere ciò che naturalmente essa è, libera di volare e di andare oltre, dal mondo del sensibile verso il mondo dell’intelligibile, verso la “verità”.
Il tutto senza limiti né barriere, senza zavorre (materiali, fisiche) di alcun tipo, al di là del corpo, inteso quale “prigione dell’anima”, quale “tomba” in cui l’anima è imprigionata per il tempo della vita terrena e si trova collocata come se fosse morta, riconducendo il rapporto corpo-anima a quello tra le parole greche “soma” (corpo) e “sema” (tomba).
Un gioco di parole, questo di “soma-sema”, per chiudere il cerchio del nostro discorso di oggi.
PER SAPERNE DI PIÙ:
Berti, E. (1991). Storia della filosofia. Antichità e Medioevo. Roma-Bari: Laterza.
Boyer, C. B. (1968). A history of mathematics. Traduzione italiana Storia della matematica. Milano: Mondadori.
Conati, M. (2000). Verdi. Interviste e incontri. Torino: EDT.
Fowler, D. (1999). The mathematics of Plato’s Academy. A new reconstruction. 2nd Edition. Oxford: Clarendon Press.
Kline, M. (1972). Mathematical thought from ancient to modern times. Traduzione italiana Storia del pensiero matematico. Torino: Einaudi.
Mecacci, L. (2008). Manuale di storia della psicologia. Firenze-Milano: Giunti.
Mecacci, L. (2012). Dizionario delle scienze psicologiche. Bologna: Zanichelli.
Platone (1966-1967). Opere. Bari: Laterza (Prefazione di G. Giannantoni; traduzioni di M. Valgimigli, L. Minio-Paluello, A. Zadro, P. Pucci, F. Adorno, F. Sartori, C. Giarratano, A. Maddalena, G. Sillitti).
Semerano, G. (1994). Le origini della cultura europea. Vol. II. Dizionari etimologici. Basi semitiche delle lingue indeuropee. Tomo I: Dizionario della lingua greca; tomo II: Dizionario della lingua latina e di voci moderne. Biblioteca dell’«Archivum Romanicum». Serie II: Linguistica, vol. 43. Firenze: Olschki.
Silvio Morganti
Verena Zudini
Referente scientifico-organizzativo NRD
Dipartimento di Matematica e Geoscienze
Università di Trieste
Grazie Silvio, degli spunti difficili, ma sempre affascinanti e interessanti, su cui riflettere; la quale cosa ci fa bene !!
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