«Il tempo è come un salto del futuro nel passato, che avviene in una sorta di non luogo: il presente». E’ la fulminate visione di Agostino.
Nel periodo che stiamo vivendo (quarantena fisica che rischia di diventare quarantena di mente, sentimento e pensiero), nulla di meglio che discorrere proprio di questo nostro strano e singolare tempo.
Carlo Maria Martini affronta l’argomento descrivendo quattro concezioni del tempo: il tempo dell’ansia, il tempo della frustrazione, tempo che si ripete, tempo che si chiude.
TEMPO DELL’ANSIA: lo si può leggere come malattia, che si manifesta appunto sotto la fastidiosa forma dell’ansia. L’affanno perché il tempo non basta mai, perché le cose da fare sono tante. “Non arrivo in tempo” “Non ho il tempo neppure di respirare”. Martini ricorda ciò che ha scritto il filosofo francese Michel Serres: «Per quanto tutti abbiano un orologio, nessuno sembra possedere il tempo». L’invito implicito è allora quello di lasciare l’orologio e riprendersi il tempo. Ma chi ha il coraggio di farlo?
TEMPO DELLA FRUSTRAZIONE: il tempo fugge, si sbriciola tra le mani e cadiamo nella depressione o nell’accidia. Oppure, si è presi dalla smania di agire, dal furore, dalla competitività esasperata, dall’avidità, dalla sete di potere, dall’istinto di possesso. Ciò sottintende la percezione della morte come insondabile chiusura di ogni possibilità.
TEMPO CHE SI RIPETE: è la concezione ciclica o circolare del tempo, di cui è simbolo il serpente che di morde la coda. E’ il mito dell’eterno ritorno dell’uguale. E’ la paura di un rendiconto definitivo, la paura di arrivare a un capolinea senza che siano più possibili appelli. Di qui l’attrattiva della dottrina della reincarnazione.
TEMPO CHE SI CHIUDE: si tratta del tempo negato. Si riduce il proprio futuro entro i campi visibili del tempo biologico.
Testo di riferimento: Carlo Maria Martini, Figli di Crono. Undicesima cattedra dei non credenti, Milano, Cortina, 2001
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