Michele Gesualdi – nel suo libro “Don Lorenzo Milani. L’esilio di Barbiana” – scrive: «C’è, irrisolta, una grande questione educativa. Perché, se è vero che nel nostro Paese – ma il discorso potrebbe essere esteso ad altre democrazie “avanzate” – la povertà assoluta e relativa opprime milioni di persone, è anche vero che ci troviamo di fronte a un diffuso analfabetismo di ritorno e che l’Italia è tra i primi posti in Europa per dispersione scolastica. Don Milani ci ha insegnato che non si può combattere la povertà materiale senza una formazione delle coscienze, senza un’educazione alla ricerca. A Barbiana, dove pure il priore si comportava da maestro esigente e severo, era sempre l’alunno che fa più fatica a dettare il ritmo di marcia e guidare di fatto il progetto comune. Resta un’intuizione preziosa, perché solo così la scuola diventa la base di una società prospera, la cui forza si misura dalla capacità di includere e valorizzare i più fragili, così come la tenuta di un ponte dipende dal concorso di tutti i piloni a sorreggerne il peso. Se si perdono i più fragili – scrive don Milani alla Professoressa – la scuola non è più scuola. E’ un ospedale che cura i sani e respinge i malati».
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