Scrivono Duccio Demetrio e Micaela Castiglioni: “se la professionalità in genere, e quindi anche quella educativa, è attitudine ad apprendere continuamente ed è quindi legata all’idea di formazione permanente, o autoformazione, in quanto concetto dinamico che dovrebbe crescere con il maturare della persona e del contesto in cui essa è inserita, diventa centrale nelle pratiche educative lo sviluppo o il potenziamento della capacità e della disponibilità alla «autoriflessività professionale». Il concetto e l’esperienza di formazione devono diventare un ambiente-spazio mentale in cui poter riflettere e interrogarsi sulla propria operatività e modo di operare nei luoghi del lavoro educativo, per poter apprendere dall’esperienza, da se stessi, dalla propria storia di insegnanti e di adulti che, in quanto abitati da una molteplicità di biografie (quella professionale, affettiva, genitoriale, amicale, etc.) possono vivere momenti critici nello sperimentare e gestire la propria pluriappartenenza. Una formazione orientata alla «riflessività» o «riflessione in azione» mette al centro l’ascolto delle rappresentazioni cognitive del proprio mondo interno ed esterno, intese come ricerca e problematizzazione delle proprie spiegazioni e attribuzione di significato. Si aprono allora spazi e momenti per una ricomponibilità interpretativa e rifocalizzante del proprio agire educativo”.
°°°°°°°
Discorso, ragionamento e proposta che descrivono con precisione quello che dovrebbe essere l’abito indossato – oltre che dagli insegnanti, di ogni ordine e grado-anche da volontarie e volontari impegnati a partecipare, condurre e gestire processi educativi e formativi.
*