BURKINA FASO. Dal Diario dell’ascolto e dell’azione solidale. 8 . Normalità?

Avendo deciso di “resistere” e di non anticipare la partenza, io e Cristina abbiamo cercato di tornare alla normalità . Siamo stati con lo scooter alla miniera d’oro di Ghirò, dove uno dei proprietari burkinabè in persona ci ha fatto da guida. La miniera occupa 150 persone – cifra approssimata, sono appena arrivati nuovi soci Canadesi – è una piccola miniera dove il minerale viene estratto dalle viscere della terra, le gallerie arrivano ad un centinaio di metri di profondità. Il rendimento è di 11 grammi di oro per tonnellata estratta contro i 2 gr del minerale delle enormi miniere a cielo aperto che qui al nord creano un paesaggio lunare , nel senso che dal nostro satellite naturale forse si vedrebbero gli enormi crateri delle cave. Sempre con lo scooter ci siamo allontanati dalla strada asfaltata, costeggiando da lontano il bacino della diga, la cui presenza era rivelata dalla più intensa vegetazione. Poi è iniziata la “brousse”, sabbia e terra e sassi e abbiamo ripiegato: attraversando gruppi di capanne, saluti cordiali e curiosi di donne intente al mortaio ; ma, ad un tratto, un richiamo: “Bonjour les blancs!”. Les blancs, i bianchi! Niente di ostile, intendiamoci, ma la constatazione che pantaloni lunghi e occhiali e casco non sono sufficienti a mimetizzarci. Allora subentra una leggera inquietudine, e si torna a Yalgò , dove molti mi salutano col mio nome, soprattutto i giovani del Liceo e del Collège che hanno assistito alle mie conversazioni sull’Astronomia e che sono venuti alle serate di osservazione al telescopio.
Venerdì Clement ci ha prestato l’auto della paroisse e siamo andati verso Ouagà per visitare un museo all’aperto di sculture in granito: molti controlli di esercito e gendarmerie, soldati tutti sorridenti e gentili ( ne riparleremo). Al termine di 420 km di guida con gli occhi incollati alla strada in cerca di anomalie nel paesaggio ( macchia chiara tra i cespugli ai bordi della route: capra, basta suonare, si ferma e attende; macchia grigia, asinello: frenare subito, è anarchico; ..) potrei scrivere un piccolo manuale sulla guida in Burkina; senz’altro, un “ Navigatore” che segnali le gobbe rallentatrici, a volte invisibili, andrebbe a ruba.
Sabato giornata tranquilla: dopo aver fatto sostituire la camera d’aria posteriore ( aveva conficcato un chiodo da 10 cm: spesa equivalente a 4 Euro ) siamo tornati al container e abbiamo scaricato, rimontato e consegnato a un giovane, povero e handicappato, una macchina da cucire Necchi, funzionante a pedale ma già motorizzata in attesa dell’arrivo dell’elettricità: il ragazzo ha seguito un corso e si guadagnerà da vivere grazie alla Necchi della madre di Cristina: lascio alla vostra fantasia immaginare il nostro stato d’animo, in particolare quello di Cristina, che da bimba aveva giocato con questa Necchi..
Al mercato solito acquisto di due paia di ciabattine subito infilate ai piedi delle prime bimbe scalze incontrate, quindi portato Coca-Cola ai muratori che stanno edificando il vostro dono (ma queste le offrirete voi, le aggiungiamo alla spesa per il Progetto per una Levatrice). Alla sera sono arrivato in tempo alla Messa in francese per salutare, su invito di don Brunò, i fedeli francofoni: accennando alla nostra avventura a Ouagà e alla nostra decisione di “resistere” abbiamo fatto un po’ di politica: dagli applausi direi che non siamo andati fuori tema.
Quello è stato il momento in cui abbiamo sentito – come nei viaggi in aereo- l’inizio della discesa verso Milano: e sappiamo che sarà una lunga ma troppo rapida discesa verso casa: e le orecchie ci fischieranno non per la pressione ma per la malinconia. Domenica mattina le nostre 2 ore di Messa, ed il saluto con qualche frase in Morè, e tremarella con groppo in gola. Ad aiutarmi verso il congedo c’è l’amara considerazione che, ora, quando Leò di notte abbaia davanti alla nostra camera, sobbalzo, tendo l’orecchio e poi fatico ad addormentarmi (Leò è ormai riconosciuto come la nostra Guardia Personale: domenica, dopo averlo trascinato 2 volte fuori dalla Chiesa, ci abbiamo rinunciato, e anche i burkinabè pareva facessero finta di non vedere un cane in chiesa: che sia l’effetto del nome del Papa, Francesco…?). Oggi ad un posto di controllo dell’esercito (abbiamo fatto una sortita 20 Km a nord, a Banì, per salutare i ragazzi del distributore di benzina con cui abbiamo fatto amicizia) un militare ci ha congedato con un sorriso e un “Buona giornata; siete coraggiosi!”. Lui aveva elmetto, giubbotto antiproiettile e mitra.: coraggiosi a noi..? Alla prossima e ultima.
Renato e Cris

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