LA PAURA

Grazie alla paura, l’istinto ci allontana dalle situazioni di pericolo. Per le questioni pratiche basta un minimo di buon senso e in base al livello di rischio, i cinque sensi intervengono per avvisarci di una minaccia imminente, alleandosi con conoscenze o passate esperienze a difesa della nostra incolumità.
La paura, tuttavia, non è solo connessa a un pericolo immediato. Mi riferisco a manifestazioni di preoccupazione, tensione, angoscia e tutte quelle emozioni legate a un disagio per qualcosa che potrebbe accadere ma che non si è ancora o non si sta verificando.
A seguire un estratto della vita “da paura” di Mario:
‘Da piccolo richiamava spesso l‘attenzione degli adulti, il cui ascolto tuttavia non riusciva ad alienare la paura di non piacere, anzi la fortificava. A poco valse il tentativo di un’insegnante a convincerlo che era già bravo e degno di attenzione semplicemente per com’era, senza continue richieste di conferma.
Quando da ragazzo conversava con gli amici, la paura di non essere accettato lo portava a fare racconti straordinari ai limiti della realtà. Gli altri parlavano, lui doveva conquistarli. Non era rilassato, doveva vincere l’attenzione degli altri dicendo la cosa migliore. Lasciarsi andare ed essere se stesso era troppo rischioso, significava uscire dalla zona di controllo con la paura di essere giudicato e deriso.
Da adulto la paura dell’abbandono gli impediva di chiudere le relazioni amorose sebbene infelici ed esaurite da tempo. Anche le compagne temendo la solitudine, protraevano le storie e quando davano inequivocabili segni di chiusura, Mario le mollava, mostrando un coraggio che in realtà mascherava solo la paura di essere lasciato. Non andava meglio con gli amici quando al primo contrasto si defilava per evitare la situazione, per lui troppo imbarazzante, del confronto sincero.
Nella professione le sue paure si adattavano alle circostanze. Da dipendente era molto competitivo, temendo di non essere mai abbastanza performante e questo attirava spesso l’antipatia dei colleghi. Da imprenditore aveva paura che i dipendenti lo abbandonassero, anche solo per inattività; si era accorto che alcuni di loro erano sempre puntuali e mai assenteisti tuttavia non erano efficienti poiché non più partecipi e creativi. Pur non trovandosi bene, avevano paura di cambiare azienda o anche solo settore al suo interno, pensando di non valere abbastanza e considerando una fortuna, l’attuale posizione.’
Nella storia di fantasia ho citato alcune tra le paure più comuni. Se non è particolarmente rilevante averle, lo è riconoscerle poiché hanno maggior effetto fintanto che non se n’è consapevoli.
Avere la mente nel futuro e il corpo nel presente, porta a un allontanamento dal “qui e ora” che produce ansia per la perdita di controllo sulla realtà e distoglie da possibili opportunità d’intervento.
L’intensità del disagio varia da un senso d’inquietudine a uno stato di angoscia o terrore e spesso non ci si accorge della sua presenza fino a che non si tocca l’estremo bloccandosi, fissandosi e chiudendosi.
E’ di poco aiuto fronteggiare situazioni create da una proiezione futura della mente, mentre una consapevole attenzione al presente può far intuire concrete possibilità di cambiamento. Identificarvisi abitualmente, inoltre, porta a un’apprensione continua e questo non è vivere ma sopravvivere poiché sfuggono reali occasioni di gioia offerte dal presente.
La persona coraggiosa non è quella che non ha paura, ma è quella che non ha paura di avere paura, e che quindi accetta le proprie paure.
Più che combattere le proprie paure o far finta che non esistano, rendendole ancor più forti, è utile riconoscerle e accettarle, al fine di capire quanto condizionano le scelte e influenzano la nostra vita.

Marina Trionfi

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