LA VITA E’ DIFFICILE MA NON E’ GRAVE. Dalle pagine del Diario di Etty Hillesum. Pagine che ogni volontario e chiunque sia impegnato nello sviluppare relazioni d’aiuto dovrebbe tenere a mente.

Nei Laboratori di animazione culturale organizzati nella sede dell’UVI, le parole e la testimonianza di Etty Hillesum sono una sorta di guida per tutti coloro che hanno scelto di aiutare bambini, adolescenti e adulti alle prese con un vivere difficile
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Etty è morta ad Auschwitz il 30 novembre 1943. I suoi genitori il giorno stesso del loro arrivo.
«Bisogna far sapere tutto. Quello che sta accadendo sembra un’eccezione. Un male assoluto. Ma non è vero. Se tutto questo è accaduto, può ancora accadere». Anche perché la “banalità del male” continua ad essere un fantasma per nulla innocuo.
Lo scorrere le pagine del libro di Edgarda Ferri offre al lettore l’opportunità di vivere intensamente ciò che accadeva ad Amsterdam e dintorni in quel tempo storico. Il 9 marzo del 1941 Etty aveva comperato dieci quaderni, ognuno con una copertina diversa. “Ancor più della violenza nazista voleva raccontare quella altrettanto devastante e tremenda che aveva ridotto la sua anima a un gomitolo aggrovigliato”: aveva l’impressione di essere come una botte vuota nella quale si sciacqua la storia del mondo. “La barbarie nazista evoca lo stesso tipo di barbarie che è dentro ciascuno di noi”. E tuttavia il professor Spier la rassicurava: “Basta che esista un solo essere umano degno di essere chiamato così per credere negli uomini e nell’umanità”. Etty amava Spier e ne era corrisposta, nonostante avesse molti più anni di lei. Accortasi di essere incinta, decise di abortire: aveva giurato che non avrebbe mai dato alla luce un figlio altrettanto infelice. Ha scritto nel suo diario: “E’ nato il bambino non nato. Aveva solo dieci giorni. Non ho il rimorso di aver aggiunto un altro infelice a quelli che già vivono su questa terra. Ho acquistato qualche merito eterno nei confronti dell’umanità”. Amarezza, infelicità ma anche incrollabile determinazione: “Ci vogliono umiliare ma per umiliare qualcuno bisogna essere in due: colui che umilia e colui che si lascia umiliare. Se manca il secondo elemento, non c’è umiliazione”. Potrebbe non esserci umiliazione ma resta comunque un fatto incontrovertibile: “Non possiamo più illuderci: vogliono il nostro sterminio totale”. Sono dure e asciutte le pagine di Edgarda Ferri quando annota e ricorda come andavano le cose. I bambini, i malati, i vecchi erano spinti in uno stanzone dove tutti dovevano spogliarsi nudi e qualcuno era addirittura contento di fare una doccia. Ma invece dell’acqua usciva il gas e tutti motivano. Dovremmo ancor oggi chiederci amaramente “Se questo è un uomo”, ma ecco che Etty, in un frangente di buio atroce, annuncia il proprio illuminante Vangelo: “Se Dio non mi aiuta, allora sarò io ad aiutare Dio”. Nell’oscurità, le parole di Etty sono frecce di sole che rendono in un qualche modo giustizia: la vita è molto diversa da come la descrivono i libri di storia.
Annota, in una lettera: “Ahimè. Questo pezzetto di storia dell’umanità è talmente triste e vergognoso che non si sa come parlarne. Ci si vergogna di essere stati presenti senza averlo potuto impedire”. Avrebbe volntieri tastato i contorni del suo tempo con la punta delle dita così da mettere in evidenza ciò che prima o poi dovrà essere chiarito: “Anche tra di noi ci sono persone cattive. Non potremo più rimediare al fatto che ci sono ebrei che collaborano a far deportare altri ebrei”.
Confortava i propri compagni di prigionia, consapevole che bisognerebbe essere un balsamo per le molte ferite. E questo fu il ruolo che decise responsabilmente di assumere. Con pazienza, gli occhi negli occhi, ascoltava le silenziose grida dei dolori dell’anima. Ma quanta verità può sopportare un essere umano?
Etty Hillesum pare infine rivolgersi a ciascuno di noi: “Ma cosa credete? Credete che io non veda il filo spinato, non veda il dominio della morte? Li vedo. Ma vedo anche uno spicchio di cielo. E questo spicchio di cielo ce l’ho nel cuore. E in questo spicchio di cielo che ho nel cuore, io vedo la libertà e la bellezza”.
Una voce, quella di Etty, che dovremmo avere il coraggio di ascoltare. Si tratta di un dovere etico. Per il rispetto che dobbiamo a lei e ai milioni di uomini, donne e bambini uccisi per mano di altri uomini.

EDGARDA FERRI, UN GOMITOLO AGGROVIGLIATO E’ IL MIO CUORE. VITA DI ETTY HILLESUM, MILANO, LA NAVE DI TESEO, 2017
Lo Spirito Folletto

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