Coppie in crisi e unioni sentimentali in frantumi. Ma galeotto non fu Facebook e chi lo inventò…
La crisi della coppia, delle unioni sentimentali o amicali, per non parlare di quelle famigliari, sembrano esprimersi ed evidenziarsi maggiormente in questi net, ma queste stesse crisi, non sembrano tanto essere attivate da questi. Non possiamo quindi incolpare lo strumento come causa o come origine di una eventuale bruciante relazione (“…galeotto fu…”).
Semmai, la crisi potenziale esiste già e questi strumenti di relazione possono accelerarne il processo, non crearlo dal nulla. Certamente, Facebook aumenta la possibilità di esprimersi, di scambiarsi ‘narrazioni’, facilitando così anche forme di diffusione di conoscenze diverse, di esperienze alternative e creando influenzamenti nelle opinioni, negli atteggiamenti o anche nuove modalità di pensare, ma a livelli di solito tendenzialmente superficiali, come si potrebbe riscontrare in una normale discussione salottiera del mondo esterno, come in un normale gruppo di amici o conoscenti.
A mio parere, esprimersi in Facebook risulta azione più libera e, per quanto riguarda i giochi relazionali e di influenzamento reciproco, meno pericoloso dell’assistere a un dibattito televisivo, che è ormai orientato al sensazionalismo, allo scontro aggressivo, più che a sviscerare le criticità dei problemi affrontati.
I fattori più interessanti e più problematici, potrebbero essere riscontrati nella velocità parossistica che il media permette alla fantasia, all’immaginazione per iniziare e sviluppare nuove relazioni e alla mancanza di ostacoli. L’inesistenza di quelle difficoltà che inevitabilmente il mondo reale presenta, porta ad attivare un processo più veloce di ‘libero scandaglio’ reciproco virtuale, più esposto forse alla simulazione e che può portare in fretta ad una ‘intimità’ basata pressoché solo sull’immaginario superficialmente costruito e che può poi rimanere solo a questo livello.
E’ vero che molte antiche amicizie, ritenute ormai perse, si possono facilmente ricostruire su Facebook, in certi casi più facilmente che attraverso l’incontro reale. In effetti, in questo caso gioca a favore il livello di leggerezza (la superficialità vista nel suo aspetto positivo) che il mezzo propone e, se incontrarsi in una cena con un vecchio compagno di scuola può risultare più carico di orpelli e di formalismo, nella rete invece si può ricominciare a ‘giocare’ su livelli diversi e più immediati, certamente più informali e più rivolti al presente, senza dover ripercorrere la lunga strada del passato condiviso. Quindi, questo livello di leggerezza e di informalità va a tutto vantaggio della rivitalizzazione di simili relazioni. Il ‘qui e ora’ che Facebook ci impone, facilita l’espressione dei soggetti attuali e protegge dal ‘mascheramento’ che la narrazione di eventi lontani nel tempo nasconde.
Nelle nostre esperienze, molte cene con vecchi compagni di scuola si risolvono in atmosfere da ‘vecchi alpini’ dove ci si raccontano sempre gli stessi episodi, che ovviamente fanno sempre meno ridere e che hanno lo scopo di non affrontare il grosso problema di dirci ‘Ma chi siamo ora?’ Infatti, la leggerezza del ‘qui e ora’ che caratterizza Facebook e la relativa brevità degli interventi, almeno di quelli iniziali, rendono la situazione più affrontabile e disimpegnata, evitando così anche che qualcuno possa monopolizzare la narrazione e gli scambi bloccandoli.
E’ inevitabile che anche qui si creino forme di leadership e che si assista a ‘gare’ più che a scontri, di solito contenuti quindi, difficilmente conflittuali e comunque non in senso aperto (Maldonado, 1997). In effetti, alcuni criticano in questo senso il net perché la conflittualità verrebbe messa da parte, ma in compenso viene a crearsi una accettabile modalità genericamente egalitaria e ‘democratica’. Se quindi , da un lato non si può certo affermare di aver trovato la soluzione per una perfetta democrazia, dall’altro come tipo di impostazione è più orientato ad una circolarità della leadership. E’ certamente simile ad una libera successione di istanze svariate a cui poi i soggetti si aggregano in base al sentire comune, interessi condivisi, simpatie, affinità di opinione, di interessi e stati d’animo e altro ancora. E’ un mercato di idee, di informazioni, consigli, poesie, motti, calambour, giochi di parole, massime, filmati, canzoni, paradossi, giochi, dove ciascuno propone, guarda cosa offrono gli altri, può osservare le adesioni riscosse dalle proprie proposte e di quelle degli altri.
Uno speciale mercatino delle idee dove il gioco diventa realtà e la realtà un gioco…
Una sorta di mercatino, di fiera, di idee, di opinioni che vengono pubblicizzate e rimangono lì a disposizione e possono essere riviste aggiungendo commenti e procedendo alle opportune cancellazioni in caso di pentimento. Certo, si può parlare di superficialità, ma anche di leggerezza. D’altra parte Facebook nasce proprio come rete di incontro fra amici che si vedono nei ritagli di tempo e quindi è più facile immaginarlo soprattutto in questo tipo di ottica che sembra anche la più congegnale. Non esistono, in questo tipo di comunità, pericoli di totalizzazioni o, come affermato prima, timori di monopolizzazioni da parte di qualcuno a scapito di altri. Infatti, le persone sono libere di scegliere, di non scegliere, di intervenire o di non intervenire, di stare a guardare, di non rispondere e di andarsene senza chiedere il permesso a nessuno. Questa leggerezza di responsabilità, che alcuni criticano, sembra essere invece, a mio avviso, uno dei punti centrali a favore di questo marchingegno.
L’effimero di certe relazioni affettive si scontra a volte con la passione con cui ci impegniamo a crearle. Questo potrebbe essere un problema. Si investono molte energie che portano ad impegno anche ossessivo e forse, in certi momenti, addirittura delirante.
E’ un gioco di relazione, leggero, superficiale, creativo, ricreativo, divertente, interessante, non troppo responsabilizzante, che spesso viene preso troppo sul serio per l’impegno, l’immaginazione e la fantasia che spesso le persone investono in esso.
A questo punto sembra importante sottolineare che gioco e realtà possono essere la stessa cosa al punto che il gioco può diventare tanto reale da non essere più gioco e la realtà tanto ludica da non essere più reale. Questo ci fa anche dire che ogni gioco può diventare più realtà ed ogni realtà più gioco.
Se, quindi, è vero che non sono gli strumenti buoni o cattivi, ma è il modo in cui li usiamo che determina risultati buoni o cattivi, è vero anche che ogni strumento ha caratteristiche che sembrano connotarlo per un uso piuttosto che un altro. In ogni caso, non si può pensare che un mezzo possa essere esaustivo, nel senso che dopo una relazione pluriennale in Facebook, anche se infuocata, non potremo pensare di ‘convolare tranquillamente a nozze’. Certo, l’immaginario in Facebook ha più spazio, ha minori problemi che non nella realtà, ma se usciamo troppo dalla dimensione giocosa, è indubbio il livello di rischio di delusione che potrebbe attendere chi si ‘perde’ troppo. E’ evidente che si sta giocando con la nostra identità o con la nostra immagine che purtuttavia è sempre la nostra identità; in questo caso, potremmo parlare anche di intimità privata che siamo disposti ad esternare (estimità), ma non può essere Facebook a creare l’eventuale problema identitario. Il problema era già in essere precedentemente, non lo crea Facebook. Lo può evidenziare, accelerarne la dinamica, ma niente di più.
Comunque per i bambini il controllo è doveroso. Come è delicato e diffuso il discorso della dipendenza, non tanto per la difficoltà ad uscirne, quanto per il tipo di vita e di abitudini quotidiane che l’individuo può assumere e cioè, è possibile che qualcuno non esca più di casa, rinunci ad altre attività giornaliere, si isoli dal mondo e, semmai, preferisca coltivare una relazione pseudo-amorosa in rete, piuttosto che rivolgere la parola al proprio compagno o compagna. Ma questi sono problemi che esisterebbero comunque. Il bisogno di sogni di evasione, se e quando appaiono, non sono certo creati dallo strumento.
Interessante è invece la possibilità di espressione, che supera il discorso di coppia e affronta un livello di relazione plurale di gruppo, anche se virtuale e indefinito, e che tocca inoltre la dimensione della relazione con un pubblico, un pubblico limitato, di solito, ma indefinito. In questo senso è sempre un atto di pubblicizzazione di cui non conosciamo sempre molto bene i confini e che non riusciamo a cogliere e sentire a pieno negli effetti.
Facebook e il gioco di relazione
Facebook, a differenza di quello che molti pensano, potrebbe essere quindi visto nella dimensione giocosa, intesa qui come occasione di allenamento alla relazione. Il problema è infatti lo stile con cui affrontiamo questa possibilità di esprimerci, perché il fatto importante è proprio questo: la possibilità di esprimersi, non dimentichiamolo, per alcuni autori è il fattore più importante nella dinamica del benessere.
Il diktat dell’economia vede il successo al primo posto e la stragrande maggioranza della popolazione, soprattutto giovane, è influenzata da questo imperativo, ma chiaramente, finché Facebook rimane in una dimensione parallela e avulsa dal gioco lavorativo e commerciale immediato, la dimensione ludica può avere il sopravvento. Questa è la dimensione della leggerezza, se vogliamo, della attenuazione e della relativizzazione della responsabilità.
Molti vedono in ciò il limite di questo social net. Pensano che abituarsi a relativizzare la responsabilità porti verso forme di comportamento assolutamente irresponsabile che tenderà ad invadere via via anche la sfera della realtà. Io insisto a dire che è una questione di ‘misura’ e di controllo da applicare alle cose, ma la minore responsabilità non proviene dal gioco, ma da quello che la realtà di tutti i giorni ci dice.
A parer mio, invece, con una tale tecnologia, si presenta una grande possibilità di allenamento che permette di affrontare in modo più sincero ed autentico anche le occasioni che ci troveremo a vivere nel reale e se volessimo cercare delle fonti di ‘patologia’ d’identità e di relazione, è più facile trovarle nella televisione o in altri media o nella stessa pubblicità che sostiene modelli di vita assolutamente negativi nel processo di idealizzazione. In essi stiamo assistendo ad una forzata pressione verso una individualizzazione che spesso trascende verso forme di narcisismo gratuito quanto pericoloso nella potenziale creazione di frustrazioni, delusioni, isolamento e depressioni.
Tale narcisismo, derivante dal troppo mitizzato successo, ci espone a una società caratterizzata da competitività eccessiva, da forme di aggressività fra individui isolati o fra coalizioni momentanee di individui che si aggregano solo per un’utilità del momento, per aumentare la propria forza o efficacia e per la durata, come dicevamo, di quell’unico interesse condiviso in quel frangente.
L’isolamento e la depressione, sia che riusciamo, sia che non riusciamo nella competizione, è sempre in agguato. Esprimersi in Facebook, potrà essere visto anche come dimensione marginale, consolatoria, ma fondamentale per esprimere il nostro esserci e il nostro essere con e per qualcuno e non solo in termini narcisistici. Non c’è troppo spazio per il protagonismo e – come già detto – non c’è spazio per monopolizzare la rete. La tendenza alla parità e alla democrazia è subito tangibile.
La dimensione del gioco (in quanto spazio che separa due superfici meccaniche in accoppiamento…) permette di esprimere vissuti, impressioni, pareri e di pubblicizzare anche quella parte di intimità che ci sentiamo di consegnare al nostro più o meno grande e indefinito pubblico. È certamente un gioco che permette un aumento delle nostre competenze relazionali nell’affrontare le varie criticità e tutti i problemi, le delusioni, successi e insuccessi del caso (sarò scelto? Avrò adesioni? Devo cambiare stile?).
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