E TU COME STAI…? SEI FELICE…? Salute, benessere e qualità della vita. A colloquio con Luca Iani di Monica Onore

Un vecchio detto recita “quando c’è la salute c’è tutto”. Spesso, però, questa frase nasconde il non considerare eventuali problemi di natura psichica. Infatti, il concetto di salute è molto cambiato. Se ne parla molto, si pubblicano libri, s’interrogano filosofi, si organizzano dibattiti, lo si insegna nelle università.
Ne parliamo con Luca Iani, ricercatore di psicologia clinica all’Università Europea di Roma.

MO: Nella nostra società sembra essere diventata molto importante la psicologia della salute…

LI: La psicologia della salute è una disciplina che nasce negli Stati Uniti alla fine degli anni ’70 all’interno dell’American Psychological Association. In Italia si sviluppa a partire dalla metà degli anni ’80 con l’avvio di ricerche, l’organizzazione di congressi a carattere scientifico e l’istituzione di un corso di perfezionamento universitario. Successivamente è stato attivato un dottorato di ricerca, e sono nate alcune scuole di specializzazione che abilitano ad interventi professionali secondo modelli basati sulla promozione del benessere e della qualità della vita. Più recentemente la disciplina della psicologia della salute è stata inserita nei percorsi formativi di diversi corsi di laurea. Nel 1997 si è inoltre costituita la Società Italiana di Psicologia della Salute che ha dato vita ad una specifica rivista del settore.
E’ una disciplina che ha acquisito, nel corso di più di trent’anni, una particolare rilevanza in ambito scientifico e professionale grazie a una tradizione di studi sempre crescente e all’elaborazione di innovativi modelli teorici e di intervento. Quando parliamo di promozione della salute e del benessere, intendiamo un modello di tipo psicologico finalizzato a promuovere le capacità e le risorse psicologiche degli individui e dei gruppi, più che a prevenire la malattia.

MO: Cosa è cambiato?
LI: Nel corso del Novecento sono cambiate le cause principali di mortalità: mentre agli inizi del secolo scorso si moriva soprattutto per le malattie infettive, attualmente sono in prevalenza diversi comportamenti patogeni (ad esempio, abuso di alcol, fumo, errata alimentazione, stili di vita stressanti) ad essere responsabili di circa la metà della mortalità.
Questi aspetti hanno influenzato la nascita della disciplina e gli importanti cambiamenti paradigmatici nell’ambito degli studi sulla salute. Basti pensare che fino agli anni ’70 del secolo scorso, la maggior parte delle ricerche hanno indagato l’insorgenza delle malattie, le loro cause e il loro sviluppo, mentre scarsa attenzione è stata dedicata alla genesi e allo sviluppo della salute intesa, in base alle indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, non come assenza di malattia ma come completo stato di benessere biopsicosociale.
La concezione moderna di salute fa riferimento a queste tre componenti tra loro correlate: biologica, psicologica e sociale. Abbiamo una prospettiva integrata sulla salute quando nelle ricerche e negli interventi teniamo in considerazione tutte e tre le componenti.
A questo proposito, un importante concetto è quello di salutogenesi coniato nel 1979 da Aaron Antonovsky. Secondo questa nuova prospettiva, la domanda fondamentale non è più soltanto: «Quali sono le cause della malattia, e come si possono prevenire?» bensì: «Quali sono le fonti della salute, e come può essere sviluppata e rafforzata?». Da questi cambiamenti, però, non sono sempre seguiti interventi coerenti. Talvolta, infatti, i modelli di intervento rimangono ancorati ad una concezione tradizionale di prevenzione delle malattie più che di promozione della salute biopsicosociale.
Un altro evento significativo nell’ambito della comunità scientifica, è stata la nascita della psicologia positiva ad opera di Martin Seligman e di Mihalyi Csikzentmihalyi (si pronuncia “cik-sent-mi-hai”). La psicologia positiva si occupa di studiare cosa funziona nelle persone, le potenzialità e le risorse degli individui, ad esempio con ricerche sistematiche sulle virtù generali e i punti di forza del carattere. La classificazione Values in action, proposta nel 2004 da Peterson e Seligman, ha lo scopo di definire un equivalente positivo del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, mediante una lista di sei virtù generali (saggezza, coraggio, umanità, giustizia, temperanza e trascendenza) alle quali corrispondono specifici punti di forza caratteriali.
La psicologia positiva nasce con l’intento di creare un collegamento tra il rigore dell’approccio scientifico e le conoscenze di senso comune. In alcuni testi di psicologia positiva possiamo trovare indicazioni pratiche su come migliorare il benessere psicologico, scritte con un linguaggio semplice e fruibile per tutti, affiancate sempre da riferimenti ai risultati di studi scientifici.

MO: Cosa prevedi?
LI: Penso che nei prossimi anni si presterà maggiore attenzione al benessere e alla qualità della vita anche sulla base di una accresciuta consapevolezza, da parte delle persone, sui fattori che determinano la salute. E’ stato dimostrato, ad esempio nello studio longitudinale condotto nella contea di Alameda, che ciascuno individuo può avere un ruolo determinante nell’influenzare l’andamento della propria salute. Per raggiungere questi obiettivi sarà indispensabile, oltre ad un’attenzione agli stili di vita e alle abitudini salutari da parte delle persone, adottare politiche sociali rivolte al miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro. Mi auguro che in futuro, dopo avere colto le potenzialità di una cultura rivolta alla salute delle persone, si riesca a investire prioritariamente sulla promozione del benessere.

Mo: Quando si può parlare di felicità?
LI: La felicità ha una tradizione talmente ampia che l’origine dei suoi studi risale alla filosofia degli antichi greci. In ambito psicologico, esistono attualmente due prospettive di ricerca sulla felicità. La prima, chiamata benessere edonico, definisce la felicità come benessere soggettivo inteso come presenza di emozioni positive e soddisfazione di vita, e relativa assenza di emozioni negative. La seconda prospettiva di ricerca, chiamata benessere eudaimonico, analizza il benessere psicologico inteso come potenziale umano e risorse per raggiungere il funzionamento ottimale della persona.
Le ricerche che sto conducendo all’Università Europea di Roma, insieme al Prof. Sirigatti e alla dott.ssa Penzo, si inquadrano nella prospettiva del benessere eudaimonico. Secondo tale orientamento, la felicità può essere raggiunta ad esempio coltivando alcune virtù, mediante azioni coerenti con i propri valori personali e che implicano una crescita continua, o anche attraverso attività che richiedono sforzo per realizzare obiettivi ritenuti importanti. Può trattarsi di attività che a volte comportano il procrastinare il soddisfacimento di determinati desideri, in vista di obiettivi più ampi e di lunga durata che richiedono un impegno costante.
La psicologa americana Carol Ryff ha messo a punto uno strumento per misurare il benessere psicologico. Recentemente il nostro gruppo di ricerca ha indagato, su un campione composto da circa 600 adolescenti, la struttura fattoriale del benessere psicologico che risulta composta da sei dimensioni: l’auto-accettazione, le relazioni sociali positive, la crescita personale, gli scopi della vita, la padronanza dell’ambiente e l’autonomia.

 

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