DIRE, FARE, BOCCIARE: COSÌ NON VA.

STEFANIA VACCARINO – INVIATA SPECIALE UVI- RIFLETTE SULL’IMPORTANZA DEL FORNIRE LE ARMI DEL SAPERE A BAMBINI (E BAMBINE) COINVOLTI DALLA GUERRA CHE TUTTO IL MONDO ADULTO STA CONDUCENDO CONTRO DI LORO. UVI È IMPEGNATA NEL TENTATIVO DI CONVINCERE LA PACE AD USCIRE DALL’ANTRO DOVE SI È RINTANATA, DISGUSTATA DAL COMPORTAMENTO DEGLI UMANI. LA SCUOLA È IL CAMPO DI BATTAGLIA.

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Nell’articolo L’obiettivo è “far sbocciare”, non “bocciare” pubblicato settimana scorsa abbiamo colto spunti di riflessione molto interessanti riguardo il ruolo che la scuola (e, di conseguenza, gli insegnanti) deve assumere per sviluppare integralmente e armonicamente i talenti e le competenze dei propri allievi. La scuola deve saper dare i giusti stimoli per crescere e arricchirsi umanamente e culturalmente, e ogni alunno deve essere il protagonista del proprio percorso. Sono riflessioni molto importanti, che ci spingono a interrogarci come operatori e/o volontari sulle modalità per meglio sostenere i nostri bambini e ragazzi nel loro percorso. Da questa riflessione, tuttavia, ne scaturisce una nuova, altrettanto importante quanto dura da affrontare: l’istruzione (che dovrebbe essere un diritto garantito per tutti i bambini e i ragazzi del mondo) in molti Paesi purtroppo è un privilegio cui solo pochissimi possono accedere. Scrive l’UNICEF a questo proposito: “617 milioni di bambini e adolescenti in tutto il mondo non sono in grado di raggiungere livelli minimi di competenza in lettura e matematica, anche se due terzi di loro frequenta la scuola. Ancor peggio, 58 milioni di bambini restano senza accesso alla scuola primaria, la maggior parte dei quali appartenenti a gruppi emarginati. Le condizioni socioeconomiche influenzano fortemente le possibilità di frequenza e il completamento dell’istruzione primaria, con 1 bambino su 4 che nei paesi più poveri non vi ha accesso.

Bambini e ragazzi sono esclusi dall’istruzione per molte ragioni. I bambini delle famiglie più povere, ad esempio, hanno molte più probabilità di restare esclusi dall’istruzione rispetto ai più ricchi. Vivere in aree rurali, l’appartenenza a minoranze etniche, la presenza di una condizione di disabilità o il semplice fatto di essere donna sono fattori che spesso si traducono nell’essere lasciati indietro a scuola”.

Per comprendere meglio questi dati, possiamo guardare i casi concreti dati da tre Paesi molto diversi tra loro ma egualmente esemplificativi: Sri Lanka, Perù e Afghanistan. 

Sri Lanka

Lo Sri Lanka sta soffrendo a causa della peggior crisi economica dall’Indipendenza. In particolare a mettere in ginocchio il Paese è la carenza di carburante (che non è sufficiente per coprire le esigenze dei veicoli pubblici e privati) e, di conseguenza, molti bambini non possono recarsi a scuola (a causa dell’elevata distanza tra la loro abitazione e la scuola). In questa situazione, il governo ha decretato la chiusura della scuola di ogni ordine e grado, sia pubblica sia privata, per l’ultima settimana di giugno. A questo riguardo scrive Save the Children: “I bambini di tutto lo Sri Lanka hanno vissuto due anni terribili, con la chiusura delle scuole causata dal Covid che ha completamente interrotto la loro possibilità di ricevere un’istruzione di base. La crisi economica sta peggiorando le cose. Non solo le scuole stanno chiudendo ancora una volta, ma le famiglie hanno ancora meno risorse a disposizione per far studiare i bambini rispetto a prima della pandemia. Siamo profondamente preoccupati che questo peggioramento della crisi economica possa frenare il percorso dei bambini dello Sri Lanka per gli anni a venire. I bambini sono il futuro del Paese e i loro bisogni devono essere la priorità.” ha dichiarato Ranjan Weththasinghe, Direttore dei Programmi di Save the Children in Sri Lanka.

Quest’ultima chiusura avrà un ulteriore impatto negativo sull’istruzione dei bambini nelle principali città e paesi, e impedirà loro di accedere ai pasti scolastici gratuiti, unica risorsa per i più vulnerabili. Secondo una nostra recente valutazione dei bisogni, il 50% delle famiglie fatica a sostenere l’istruzione dei propri figli a causa della crisi, e alcuni bambini hanno già abbandonato la scuola”.

Perù 

Un bambino venezuelano immigrato in Perù su 4 non va a scuola: questo è quanto denuncia Save the Children Nell’articolo pubblicato l’11 aprile 2022. In particolare possiamo leggere che “Sono oltre 1 bambino o bambina su 4 che non va a scuola a causa di fattori come:

  • l’insufficiente spazio a disposizione (45%).
  • la mancanza di accesso a Internet per iscriversi (29%). 
  • l’arrivo dopo la chiusura delle iscrizioni (23%) siano tra i principali ostacoli all’istruzione incontrati dai bambini venezuelani. 

Questi sono alcuni dei dati dal rapporto “Bambini migranti e istruzione. Accesso e permanenza dei minori venezuelani nel sistema educativo a Lima e La Libertad” in cui viene analizzata la situazione dei bambini e degli adolescenti venezuelani arrivati nelle regioni con maggiore concentrazione di migranti in Perù.

DISCRIMINAZIONI CHE OSTACOLANO IL FUTURO

Nel report si evidenzia inoltre che un bambino su 10 ha riferito di aver subito da parte dell’amministrazione scolastica discriminazioni che ne hanno reso impossibile l’iscrizione. 

Il Perù è la seconda destinazione per i migranti venezuelani dopo la Colombia ed è il più grande Paese ospitante di rifugiati venezuelani a livello globale; ad oggi ospita circa 1,3 milioni di sfollati venezuelani  tra cui circa 250.000 bambine e bambini.

“Le scuole in tutto il Perù devono riconoscere e abbracciare diverse esperienze culturali e sociali. L’empatia che i centri educativi, gli insegnanti e il personale amministrativo rivolgono nei confronti di questa diversità è essenziale affinché gli studenti che vivono in condizioni vulnerabili si sentano i benvenuti”, ha dichiarato Verónica Valdivieso, direttrice di Save the Children in Perù.

Afghanistan 

Una ricerca condotta in collaborazione da UNICEF e Save the Children ha fatto emergere dati preoccupanti. Infatti, scrive Save the Children a questo proposito: “la ricerca mostra infatti che la maggior parte delle ragazze delle scuole secondarie, l’80% (850.000 su 1,1 milioni) non può andare a scuola e seguire le lezioni. Questa è la situazione ad un mese dalla proroga del divieto di andare a scuola per le ragazze indetto dai talebani.

“Il mese scorso, le ragazze erano assolutamente sconvolte quando, dopo essere arrivate a lezione – eccitate per il nuovo anno scolastico – gli è stato comunicato di andare a casa. Da allora, hanno raccontato ai nostri operatori di essere depresse e di soffrire profondamente per il fatto che sia stato loro negato il diritto fondamentale all’istruzione” ha detto Olivier Franchi, Direttore regionale ad interim per l’Asia di Save the Children. 

“L’educazione è un’ancora di salvezza per tutti i bambini, in particolare per le ragazze. Senza l’istruzione, sono maggiormente a rischio di violenza, abuso e sfruttamento, di matrimoni precoci. Per la stessa sopravvivenza delle ragazze in Afghanistan e per il futuro del Paese, Save the Children chiede ai talebani di consentire immediatamente alle ragazze di tutte le età di tornare a scuola. Non vi è alcun problema – amministrativo, logistico o altro – che possa giustificare il proseguimento di una politica che nega alle ragazze l’accesso all’istruzione” ha proseguito Olivier Franchi.  

IN AFGHANISTAN SONO MOLTI GLI OSTACOLI ALL’ISTRUZIONE

Insicurezza, povertà, tradizioni culturali, infrastrutture scarse, materiali didattici inadeguati e mancanza di insegnanti o docenti qualificati: questi sono alcuni dei già troppi ostacoli che quasi 8 milioni di bambini e bambine in età scolare devono affrontare ogni giorno.

Un numero che è salito da 2,6 milioni dello scorso anno agli 8 di oggi.

“Anche la comunità internazionale deve svolgere un ruolo essenziale e deve continuare a fornire finanziamenti per sostenere e proteggere le ragazze che ancora vanno a scuola. Il sistema educativo in Afghanistan è appeso a un filo e ora non è il momento di fare marcia indietro” ha concluso Olivier Franchi.

PARVANA, 14 ANNI, E LA PAURA DI SUBIRE VIOLENZE

Parvana, 14 anni, della provincia di Kabul, frequenta il settimo anno. Non ha potuto frequentare la scuola per paura delle violenze, ma ha frequentato invece classi educative di comunità gestite da Save the Children. “Quando mio fratello andava a scuola e io non potevo, mi sentivo malissimo. Tutto quello che volevo era andare a scuola, studiare, diventare qualcuno e rendere orgogliosa la mia famiglia. Nessuno dovrebbe nascere per restare in casa”.  

Riflessioni finali 

La scuola è il luogo in cui i bambini possono esprimersi liberamente, scoprire le proprie risorse e coltivare i propri talenti. È a scuola che si impara a leggere, a scrivere e a conoscere il mondo attraverso lo studio; ed è sempre grazie agli insegnanti che i bambini e i ragazzi si aprono al mondo, imparano a sognare e a impegnarsi per realizzare i propri sogni. La scuola deve essere un diritto garantito a tutti i bambini e le bambine del mondo, ed è giusto impegnarsi affinché venga riconosciuto. L’istruzione è l’arma più potente che hai per cambiare il mondo, diceva Nelson Mandela: la speranza che coltiviamo in UVI, educatori e volontari, è di poter vedere tutti i bambini del mondo tornare a scuola e impegnarsi per rendere questo nostro pianeta un posto migliore. 

STEFANIA VACCARINO

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