“Se la tua ombra non ha compagnia,
regalamela un attimo, la presento alla mia”, cantano I Luf, gruppo folk bergamasco. Inconsapevolmente – forse – ispirandosi a un verso di Wislawa Szymborska (1962):
“La mia ombra è come un buffone
dietro la regina: Quando lei si alza,
il buffone sulla parete balza
e sbatte nel soffitto col testone”.
Il tema dell’Ombra rinvia e richiama la riflessione che al riguardo avanza C.G. Jung: “Ognuno di noi è seguito da un’ombra e, meno questa è incorporata nella vita conscia dell’individuo, tanto più è nera e densa […] Se le tendenze dell’ombra, che vengono rimosse, non rappresentassero altro che il male, non esiterebbe alcun problema. Ma l’ombra non rappresenta solo qualcosa di inferiore, primitivo, inadatto e goffo e non è male in senso assoluto. Essa comprende fra l’altro qualità inferiori, infantili e primitive, che in un certo senso renderebbero l’esistenza umana più vivace e bella; ma urtano contro regole consacrate dalla tradizione”.
Dall’Ombra al Doppio il passo è breve. Ed eccoci a Otto Rank e al suo discorrere di un tratto (di una condizione esistenziale, si potrebbe dire) che caratterizza l’essere nel mondo di ciascuno di noi. Numerosi sono gli esempi tratti dalla letteratura e dal folklore.
“L’uomo è inevitabilmente legato al proprio passato e gli è fatale ogni tentativo di sfuggirvi”. E il passato è spesso rappresentato dall’immagine riflessa nello specchio, immagine che assume alle volte la caratteristica dell’Ombra. Nota è la tendenza a fare accordi con il Demonio che, a condizione di poter disporre a proprio piacimento dell’Ombra (Anima…), dona la possibilità di grandi ricchezze e di successi amorosi. Ecco allora che l’Ombra esce dallo specchio e se ne va, lasciando in totale solitudine chi, nello specchio, si guarda sbigottito. Senz’ombra nessuno può continuare a vivere. Non possiamo fare a meno di con-vivere con il nostro Doppio, per antipatico e fastidioso, a volte, esso sia.
Adelbert von Chamisso (1781-1838), nella poesia L’apparizione, rielabora il tema del Doppio. Tornato a casa verso mezzanotte dopo un’orgia, si trova di fronte il proprio Doppio, proprio come Maupassant in Lui e Dostoevskij ne Il sosia:
“Allora vidi un volto spaventoso / vidi me stesso alla scrivania. / Chiesi: «Chi sei, fantasma?». Esclamò subito: / «Chi mi disturba nella tarda ora degli spiriti?». / Mi guardò e impallidì, come me”.
Aggiornando e declinando la discussione nel nostro presente storico, potremmo affermare che lo Spettro Atomico è il Doppio (e l’Ombra) dell’umanità.
Riferimenti bibliografici:
- Wislawa Szymborska, Taccuino d’amore, Milano, Libri Scheiwiller, 2002
- Jung, C.G., Psicologia e religione (1938-1940), In: Opere, Torino, Boringhieri, 1979, vol. XI
- Otto Rank, Il Doppio. Il significato del sosia nella letteratura e nel folklore, Milano, SugarCo Edizioni, 1987
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