UN’AVVENTURA SERENDIPICA: GIACOMO CASANOVA DIALOGA CON UNA FORMICA FARAONE

Parliamo di “serendipità” quando, conducendo una ricerca in una direzione e con un preciso obiettivo, scopriamo (apparentemente) per caso ciò che, seppur del tutto inatteso, risulterà di primaria importanza. Così è successo – ma è solo uno dei molti esempi che si potrebbero fare – per la scoperta della penicillina o del vaccino contro il vaiolo.

A noi è accaduto – fatte le naturali, inevitabili e debite differenze – qualcosa di simile.

Durante le nostre ricerche di carattere storico-didattico, ci siamo trovati a considerare, da un lato, la vita e il comportamento delle formiche, dall’altro, la vita e la figura di Giacomo Casanova.

Due temi di ricerca del tutto (apparentemente) distanti, dunque. Quando siamo stati portati a riflettere sulle loro reciproche strategie seduttive, ecco che la relazione tra queste due “entità” è però apparsa con maggiore evidenza di quanto non fosse naturale pensare.

Perché, allora, non metterle a confronto? Da qui, l’immaginare un fantasioso dialogo tra Giacomo Casanova e una formica è stato per noi un passo breve, ma denso di potenziali significati.

Riportiamo il dialogo da noi immaginato di seguito, invitando chi ci legge a trarre le proprie riflessioni.

Casanova, proprio Giacomo Casanova in persona, si stava riposando, seduto sulla sua poltrona preferita, nel giardino della villa dove, di tanto in tanto, veniva invitato dalla Contessa K., sua amica e confidente da lunga data.

Si accorse che la mano destra appoggiata sul bracciolo era diventata una grande strada, percorsa da una lunga fila di piccole formiche nere, che riconobbe come “formiche faraone”.

Aveva a suo tempo avuto la possibilità di conoscerne l’intelligenza e così, stringendo la zampina della formica che aveva l’aria di comandare il gruppo, disse, a bassa voce e molto lentamente: «Ti ricordi di me? Qualche mese fa abbiamo conversato per un po’ e tu, gentilmente, mi hai spiegato come vivete, tu e le tue compagne. Non ho avuto il tempo di raccontarti come vivo io ed eccomi allora qui, per dirti di come passo il tempo. Potrebbe interessarti?».

«Certo. Tanto non ho niente da fare e un po’ di riposo penso mi possa far bene. Ma, senti, già che ci siamo, mi spieghi perché le donne ti piacciono tanto?».

«Boh… Sai che non saprei dirtene il perché. Ma un fatto è un fatto: le donne, di qualsiasi età, mi piacciono, però anch’io piaccio alle donne… Chissà, sarà forse una questione di empatia».

«Già. Ma dimmi di quella voce che circola: è vero che sei una spia della Repubblica di Venezia?».

«Guarda, io non avrei voluto e non vorrei esserlo, ma pensa: molte delle mie notti e giornate le trascorro nella camera da letto delle mie molte amanti, per lo più dame facoltose, che frequentano l’alta società. Discorrendo del più e del meno – non durante, ma solo prima e dopo –,ecco che spesso sfuggono loro notizie e informazioni rilevanti. Non dovrei approfittarne? Credo di non far nulla di male se riferisco, a chi di dovere, ciò che ho ascoltato. Parliamo però anche di voi e di te: è vero ciò che si sente dire in giro, e, cioè, che siete le più aggressive creature che calchino il suolo della terra?».

«Verissimo. È per voi una fortuna che noi si sia piccole piccole e non si abbia la bomba atomica. Se l’avessimo, l’avremmo già lanciata qua e là, a casaccio, per semplice e puro divertimento. Cattiveria e aggressività costituiscono l’essenza della nostra natura. Mi vien però da dire che, al riguardo, voi – esseri umani – non siete poi molto diversi, se non solo un po’ più stupidi».

«Trattieniti e non esagerare. Va bene che siete al mondo da circa centocinquanta milioni di anni e che zampettate sulla terra da molto più tempo di quanto non stiano sgambettando uomini e donne, ma – ti prego – sii un po’ meno arrogante. Per esempio: tu e le tue compagne siete in grado di, semplicemente, amare l’amore? Non credo proprio. Per me, invece, è una cosa naturale. E di apprezzare le cose belle, come è mia abitudine fare? E di cantare? E di fare giochi di prestigio? E di prevedere il futuro?».

«Ma per l’amor del cielo! Lasciamo perdere. Noi siamo serie. Viviamo in colonie rigidamente organizzate e ognuno ha il proprio, specifico compito. Non abbiamo sindacati, non abbiamo partiti rissosi, non abbiamo ricorrenze da celebrare. Siamo così come siamo e viviamo benissimo. Ci divertiamo, anche. Per esempio, ad andare in colonna ordinata e veloce lungo i muri delle vostre cucine o dei vostri balconi. Voi sì che siete aggressivi e violenti: che male vi facciamo? Ma ecco che ci scaricate contro ogni tipo di veleno. Illusi! Molte di noi muoiono, ma non crediate. Dopo non molto tempo, eccoci di nuovo e più vitali di prima. Nei nostri laboratori è ormai pronto l’antidoto che renderà innocuo il vostro più potente insetticida sterminatore».

«Oh… Senti. Non puoi non ammettere che siete fastidiose, esteticamente “bruttine”. Quando poi incontrate un individuo che non fa parte della vostra colonia, ingaggiate una lotta senza quartiere che si conclude con la morte dell’uno o dell’altro. Nella migliore delle ipotesi, lasciate per terra qualcuna delle vostre zampine. Ti pare bello?».

«Non saprei dire se sia bello o meno. Di certo, per noi è tutto molto chiaro: ogni colonia occupa un territorio che non deve e non può essere invaso. Le formiche guerriere ne difendono i confini. È vero, a volte, nella lotta, perdiamo qualcuno dei nostri arti. Ma che mi dici a proposito degli arti che i vostri bambini perdono perché indotti a toccare giocattoli costruiti con polvere da sparo? Dimmi: è bello? È questa la vostra superiorità etica e morale? Va’ là, convinciti: fai parte di una specie pericolosa e infestante. Meno male che tutto fa pensare che, tra non molto, ritorneremo a essere noi le padrone assolute del mondo, e degli esseri umani non resterà che un vago e timido ricordo».

«Brava… Di come ho vissuto io ci si ricorderà, comunque, che ti piaccia o non ti piaccia. Certo, ne ho combinate un po’ di tutti i colori, ma sempre e soltanto per il bene che ho voluto prima di tutto a me stesso e – in fondo – alle persone che ho avuto la fortuna di incontrare, soprattutto donne… Tu e le tue compagne avete la capacità di “voler bene”?».

«No, “bene” e “male” sono per noi categorie inconcepibili. Ci comportiamo come ci comportiamo da milioni di anni senza mai avere grilli per la testa, come dite voi. Del resto, che cosa c’entrerebbero i grilli con noi che siamo formiche?».

«Spiritosa… Senti: si è fatto tardi. Tanto ho capito che hai la testa dura. Però mi hai fatto pensare e ti ringrazio. Che ne dici di riprendere la nostra conversazione fra qualche tempo?».

«D’accordo. Io però non ho il cellulare. La prossima volta, vieni tu da me, quando vuoi, a visitare il nostro formicaio, ma – mi raccomando – senza formichiere».

La formica si riunì alle sue compagne, e la lunga fila di formiche si allontanò dal bracciolo della poltrona su cui era seduto Casanova.

A Casanova – e a noi con lui – sfuggì dalle labbra un sorriso.

Per saperne di più:

Casanova, G. (1964-1965). Storia della mia vita. Milano: Dall’Oglio.

Hölldobler, B., & Wilson, E. O. (1997). Formiche. Storia di un’esplorazione scientifica. Milano: Adelphi.

 SILVIO MORGANTI

 VERENA ZUDINI

Referente scientifico-organizzativo NRD

Dipartimento di Matematica e Geoscienze

Università di Trieste

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