Chissà se ha un senso, ma nei momenti di crisi (personale, di gruppo, sociale) siamo sollecitati ad andare alla fonte del nostro essere nel mondo, alla ricerca dei “perché” l’umanità ha combinato e combina ciò che ha combinato e sta combinando. “La Storia siamo noi”, si cantava e – anche – “l’Umanità siamo noi”, responsabili, quindi, di ciò che è accaduto e accade, nel bene e nel male.
Un testo al riguardo di fondamentale riferimento per la nostra area culturale è la Bibbia (Antico e Nuovo Testamento). Da poco ne è stata pubblicata una nuova traduzione: Mario Cucca, Federico Giuntoli, Ludwig Monti (a cura di). Progetto e direzione: Enzo Bianchi, Bibbia, Torino, Einaudi, 2021, in tre volumi (indivisibili e molto costosi: 240 €).
Scrive Enzo Bianchi: «La Bibbia, un libro plurale, aperto a una lettura infinita […] Ci sono letture diverse nella fede ebraica, letture diverse nella fede cristiana, letture diverse di chi non è credente in Dio, né in Gesù Cristo e legge la Bibbia come il grande codice della cultura occidentale, ma non solo […] È innanzitutto parola umana, gli autori sono autori umani, la Bibbia è un testo che va interpretato rifuggendo da ogni lettura fondamentalista. Possiamo oggi dire che la Bibbia è la biblioteca che non divide, non separa, non apre a fondamentalismi, chiede l’affermazione delle diversità, delle pluralità e dunque del dialogo perché essa è strutturalmente dialogica!».
[Curioso e sorprendente: anche i bambini e i ragazzi di cui ci occupiamo sono un libro plurale che si presta a una lettura infinita. Sono (o dovrebbero essere) la biblioteca – meglio, la Bimboteca, secondo la definizione di Roberto Piumini – che non divide e che afferma le diversità, le voci plurali e dialoganti. Potrebbero essere nostri maestri e maestre. Proviamo, ogni tanto, ad ascoltarne pensiero e voce. Chissà che non possano insegnarci a “far nuove tutte le cose”].
Vedendo ciò che accade non molto distante da noi (e che, a dir la verità, è sempre accaduto e sta accadendo con altrettante sofferenze e migliaia di morti, seppur in parti del mondo da noi geograficamente e culturalmente distanti, e con una copertura mediatica vicina allo zero), cominciamo ad averne paura.
Hobbes ha scritto: “L’unica passione della mia vita è stata la paura”. Buon per lui. Noi crediamo e speriamo di averne altre di passioni, magari alternative… Ma riflettere intorno al concetto di “paura” potrebbe avere qualche vantaggio.
Martha Nussbaum è dell’opinione che la paura, un’emozione primordiale e spesso salvifica, possa essere opportunamente indotta e sfruttata dal potere. Definisce “monarchia della paura” la tendenza di alcuni assetti politici ad allarmare proditoriamente i propri “sudditi”, fiaccando così la loro capacità di giudizio (Martha C. Nussbaum, La monarchia della paura. Considerazioni sulla crisi politica attuale, Bologna, Il Mulino, 2020). Si potrebbe essere o meno s’accordo, ma un fatto è certo: la paura – indotta o provata a partire da accadimenti oggettivi – costituisce un tratto specifico della nostra dimensione esistenziale. Tanto che se ragiona anche nei miti antichi.
Scorriamo allora qualche pagina dell’Apocalisse, scritto da quel genio visionario che era Giovanni (si ricordi che Apocalisse significa “visione” e non “catastrofe”). E proviamo a fare un esperimento: immaginiamo che a guardare un qualsiasi nostro telegiornale o una qualsiasi Maratona alla Mentana, sia seduto accanto a noi proprio l’Agnello. Alla fine non vi parrebbe normale che gli venga l’idea di aprire il Settimo Sigillo, con tutto ciò che consegue?
L’impressione fondata che se ne trae è che Giovanni avesse previsto ciò che le cronache ci stanno raccontando, traendone una logica conseguenza: “Ora basta. Avete e state esagerando. Avete tirato troppo la corda…” E, dopo avere aperto il Settimo Sigillo, ecco che i sette angeli si apprestano a suonare le sette trombe.
Ascoltiamo.
“Quando l’Agnello aprì il settimo sigillo, per circa mezz’ora fu silenzio in cielo. E vedo i sette angeli sempre in piedi al cospetto di Dio, e a loro furono date sette trombe […]
Ed ecco, quando il primo suona la tromba, succede che grandine e fuoco, mescolati a sangue, sono fatti precipitare sulla terra e un terzo della terra viene bruciato, un terzo degli alberi viene bruciato e ogni erba verde viene bruciata.
Anche il secondo angelo suona e una specie di grande montagna, tutta infuocata, viene gettata nel mare e un terzo del mare diventa sangue e muoiono un terzo delle creature che vivono nel mare e un terzo delle navi viene distrutto.
Poi suona il terzo angelo e dal cielo una grande stella, ardente come una fiaccola, precipita su un terzo dei fiumi e sulle sorgenti delle acque. La stella si chiama Assenzio, e un terzo delle acque diventa assenzio e molti degli uomini muoiono di quelle acque-infatti sono diventate amare.
Anche il quarto angelo suona la tromba e ne resta colpito un terzo del sole, un terzo della luna e un terzo degli astri e così un terzo rimane oscurato – e il giorno non dà più un terzo della sua luce, e così pure la notte.
[…]
Anche il quinto angelo suona la tromba, e vedo un astro, che era appena precipitato dal cielo sulla terra. E gli fu data la chiave del pozzo dell’Abisso e così egli apre il pozzo dell’Abisso e dal pozzo sale un fumo come fumo di fornace grande, e il sole e l’aria sono oscurati dal fumo del pozzo. E da quel fumo sulla terra escono cavallette e fu dato loro potere come quello che hanno gli scorpioni sulla terra. Ma a loro fu detto di non devastare l’erba sulla terra, nulla di verde, né alcun albero, bensì solo gli uomini senza il sigillo di Dio sulla fronte. E a loro fu dato di non ucciderli ma che siano tormentati per cinque mesi […] E in quei giorni gli uomini cercheranno la Morte ma non la troveranno, vorranno morire ma la Morte fuggirà da loro […] In capo a loro come re hanno l’angelo dell’Abisso – in ebraico prende il nome di Abaddòn, in greco quello di Sterminatore. Il primo «guai» passa – ma dopo queste cose, ecco ancora due «guai».
Il sesto angelo suona la tromba, e odo una voce dai quattro corni dell’altare d’oro al cospetto di Dio, che dice al sesto angelo con la tromba: «Libera i quattro angeli incatenati sul Grande Fiume, l’Eufrate». E furono liberati i quattro angeli – pronti per l’ora, il giorno, il mese e l’anno -, per uccidere un terzo dell’umanità. Due volte miriadi di miriadi, questa è la cifra delle truppe a cavallo. E così, nella visione, vedo i cavalli e i loro cavalieri, con corazze color di fuoco, giacinto e zolfo, e le teste dei cavalli sono come teste di leoni e dalla loro bocca esce fuoco, fumo e zolfo. Da questo triplice flagello – dal fuoco, fumo e zolfo che escono dalla loro bocca – un terzo dell’umanità fu ucciso […] Ma il resto degli uomini, che non furono uccisi da questi flagelli, non si convertono dalle opere delle loro mani, così da non prestare più culto ai demoni e agli idoli d’oro, d’argento, di bronzo, di pietra e di legno, che non possono né vedere né udire, né camminare; e non si convertono dai loro omicidi, né dalle loro stregonerie, né dalla loro prostituzione, né dalle loro ruberie.
Il settimo angelo suona la tromba e nel cielo risuonano voci potenti […] Ed ecco fu aperto il santuario di Dio – quello in cielo – e nel suo santuario apparve l’arca della sua alleanza. E arrivano folgori, voci, scoppi di tuono, e un terremoto, e grandine grande.
[…]
E dal santuario odo una voce grande proclamare ai sette angeli: «Andate, riversate sulla terra le sette coppe dell’ira di Dio
[…]
E vedo un cielo nuovo e una terra nuova – il cielo e la terra di prima, infatti, sono spariti…E vedo anche la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da presso Dio – pronta come promessa sposa, che si fa bella per il suo sposo
[…]
«Ecco, io faccio nuove tutte le cose…Io sono l’Alfa e l’Òmega, il Principio e la Fine. A chi ha sete io darò gratis dalla fonte dell’acqua della vita».
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