“SOLTANTO CHI LASCIA IL LABIRINTO PUÒ ESSERE FELICE, MA SOLTANTO CHI È FELICE PUÒ USCIRNE”. ALICE GARBIN E CRISTINA MARIOTTI DISCORRONO DI ADOLESCENZA

Lo spunto proposto, qualche giorno orsono, al gruppo Psicocose, ha offerto l’occasione a Cristina Mariotti e Alice Garbin di riflettere e ragionare intorno al tema dell’adolescenza, un tema di sicuro interesse per tirocinanti e volontari che svolgono parte della propria attività a contatto con gli adolescenti. Una breve premessa al loro discorrere potrebbe essere assunta come chiave di lettura di un fenomeno articolato e complesso: per parlare di adolescenza bisogna passare dalla camera dei bambini e, in particolare, considerare l’avventura come dimensione fondamentale di questa fase evolutiva. Scrive Fulvio Scaparro: «L’avventura non è caratteristica di una particolare fascia d’età: dal bambino all’anziano, la rincorsa alla libertà segna le dimensioni diurne e notturne dell’uomo, i sogni, i desideri, le fantasie e, più raramente, le azioni. Certo è che, nell’adolescenza, in coincidenza con la progressiva perdita della protezione genitoriale e famigliare, il giovane si trova ad affrontare in prima persona le innumerevoli, grandi e piccole decisioni quotidiane. Come una nave che lascia il porto, al momento di doppiare il molo che separa le acque protette dal mare aperto, incontra moto ondoso, correnti e venti diversi, così è il ragazzo che si immette nel mare affascinante e minaccioso della vita senza più poter contare, e mai ha potuto, sulla continua e rassicurante protezione adulta, solo dinanzi alla responsabilità di decidere. Si matura solo accollandosi questo peso. Molto dipenderà da ciò che è avvenuto nel porto, dall’equipaggio, da come la nave è stata armata e caricata, dalla quantità e qualità delle uscite di allenamento in mare» (Fulvio Scaparro, Infanzia e adolescenza: sul molo, guardando il mare aperto. In: Riccardo Massa, Linee di fuga. L’avventura nella formazione umana, Firenze, La Nuova Italia, 1989).

Grazie a Cristina e Alice per i loro contributi, nella speranza che siano di stimolo per altri interventi.

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Il brano proposto stimola in me una riflessione sulla difficoltà e al tempo stesso sulla necessità di individuarsi, ovvero il giungere alla maturazione psichica diventando altro dal contesto di provenienza. Diventare individui è difficile proprio perché dobbiamo farci forza per attuare questa necessaria separazione e spesso lo facciamo concentrando l’attenzione su quello che non ci piace negli adulti di riferimento. Durante l’adolescenza l’amore, che comunque e nonostante tutto continuiamo a provare, e l’odio hanno intensità uguale perché tanto più ama tanto maggiore deve essere la forza che l’adolescente impiega per portare a termine il proprio compito evolutivo.

Riscoprire le e-mozioni (letteralmente ‘portare fuori’ il proprio mondo interiore) dell’adolescenza all’interno del nostro essere adulti può consentirci di riconoscerci in cammino. Ci dà l’opportunità di percepirci bisognosi di rimettere in discussione e in prospettiva le cose che ci sono accadute, di poter scegliere di re-individuarci per rinascere alle varie fasi della nostra esistenza. In questo senso il desiderio espresso e concesso agli adulti del brano da cui siamo partiti può essere l’occasione per cogliere gli aspetti più dinamici e propulsivi dell’adolescenza.

CRISTINA MARIOTTI

La domanda che più di frequente ci si pone parlando di adolescenti è come sia possibile comprenderli, perché appaiono come alieni su una Terra di persone “normali”? E perché si accetta di non comprendere appieno i bambini mentre ci si ostina a voler capire cosa passa per la testa di un adolescente?

Prima considerazione: in una società che cataloga e organizza tutto, l’adolescenza è quell’età di mezzo che non trova una sua posizione né nell’infanzia né nell’età adulta condividendo con entrambe alcune caratteristiche ma senza una netta connotazione, il che rende complesso capire dove collocarla e come affrontarla.

Seconda considerazione: è, a mio parere necessario comprendere cosa succede, sotto molteplici punti di vista, all’adolescente. E il comportamento passa anche attraverso lo sviluppo cerebrale che può spiegare, almeno in parte, le contraddizioni tipiche di questa età: con l’adolescenza il soggetto ha compiuto circa l’80% dello sviluppo cerebrale ovvero se il 100% è rappresentato dall’individuo razionale e concreto che identifichiamo come adulto, in cui tutte le regioni cerebrali sono connesse le une alle altre, all’adolescente mancano le più fini connessioni tra le aree cerebrali posteriori e sottostanti (sistema limbico) e le aree frontali e prefrontali, tradizionalmente collegate al pensiero logico, razionale e valutativo. L’amigdala, deputata alla gestione del comportamento sessuale ed emotivo è anch’essa in via di sviluppo il che spiega, almeno in parte, i comportamenti marcatamente esagerati che vengono adottati dai ragazzi di fronte a un evento che definiremmo minoritario. A questo si aggiunge che anche i lobi parietali sono in fase di sviluppo durante questo periodo e questi permettono di passare da un compito all’altro in modo efficiente. Gli adolescenti multitasking possono studiare mentre mandano email e SMS e ascoltano musica tuttavia possono non ricordarsi di avvisare quando tornano a casa nonostante le molteplici raccomandazioni e ripetizioni nel corso della giornata: il risultato delle contemporanee azioni compiute durante lo studio tuttavia può non essere esaltante come dimostrato dalle ricerche che riguardano la principale causa degli incidenti stradali che vedono protagonisti i giovani adulti. L’87% è causato da distrazioni durante la guida (Allstate/Sperling Best Places “America’s teen driving Hotspot study”, Maggio 2008).

Inoltre il cervello è anche nella fase di plasticità massima durante l’adolescenza poiché si può godere della facilità di apprendimento per esperienza tipica dell’infanzia ma anche dello sfoltimento delle strutture cerebrali deputate alla memoria (il cosiddetto fenomeno pruning) che renderà poi il cervello adulto meno malleabile ma sicuramente più snello ed efficiente. Questi vantaggi devono saper essere sfruttati poiché ad ostacolare la massima espressione delle capacità dell’adolescente, intervengono le emozioni, anch’esse, come scritto sopra, soggette a sbalzi e cambiamenti repentini: non si tratta solo del sistema limbico ancora in via di sviluppo ma anche della “rivoluzione ormonale” in corso. Più che la produzione e secrezione abbondante di queste sostanze che destabilizzano fisicamente e psicologicamente, è il fatto di passare da zero a cento nell’arco di pochi mesi cioè di affrontare, senza conoscerne anticipatamente gli effetti, una vera e propria tempesta avendo un piccolo ombrellino portatile come unico scudo.

Già solo per questi cambiamenti che si manifestano contemporaneamente nell’individuo e senza una precoce preparazione in merito, si potrebbe comprendere come mai l’adolescenza sia così difficile, da parte di chi, genitore, educatore o psicologo, deve affrontarla da esterno, ma ancor più da parte del diretto interessato.

A questo deve aggiungersi il contesto in cui si cresce che plasma e propone sfide diverse ma sempre nuove per chi si affaccia al mondo per la prima volta con quel minimo di autonomia che gli consente di prendere delle decisioni.

Si consideri per esempio il crescente utilizzo delle nuove tecnologie e l’evoluzione di disturbi legati alla dipendenza da queste: la realtà che la maggior parte degli adolescenti vive è quella della iperattività cioè della necessità di essere sempre impegnati in qualcosa e la sottostante paura della noia che costringerebbe la persona ad affrontare i suoi pensieri, a riflettere, a fermarsi. “E se non ne sono capace?” si chiedono impauriti molti giovani adulti. La scarsa capacità di mentalizzazione è causa o conseguenza di questo attaccamento alla tecnologia? E la scarsa capacità immaginativa nonché l’incapacità di attivarsi a livello sensoriale è causata dal” tutto e subito” garantito da Internet oppure sono le sempre più ridotte esperienze nel mondo reale a impedire l’apertura mentale e quindi a condurre al rifugio dello smartphone h24?

Ciò che è certo è che ci troviamo di fronte ad Adolescenti Digitalmente Modificati i quali si nutrono della tecnologia anche per trarne immediata gratificazione: non a caso i primi risultati dell'”Osservatorio sul Disagio Adolescenziale” promosso dall’Istituto di

Psicosomatica Integrata nel 2010, riguardavano proprio la relazione tra chat e social network con il rilascio della dopamina, l’ormone del benessere e della gratificazione, soprattutto considerando la condizione di “sensation seeking” costante che caratterizza gli adolescenti. Confrontando risonanze magnetiche funzionali effettuate su tossicodipendenti dopo il consumo di droga con quelle effettuate su adolescenti durante l’uso degli smartphone si notano numerose analogie soprattutto nella struttura delle connessioni tra i due emisferi cerebrali che subiscono importanti modifiche.

Cosa fare quindi per comprendere gli adolescenti di oggi?

A mio parere in primis non si deve avere la presunzione di agire senza comprendere davvero quali siano le problematiche attuali degli adolescenti: ridurre una bocciatura a scuola alla causa dell’eccesso di videogiochi o di utilizzo degli smartphone non è trovare una causa ma fermarsi alla superficie. Da una parte abbiamo le tecnologie, ormai indispensabili anche per gli adulti, che tendono a oggettivare cioè a tradurre tutto in una formula matematica e che quindi de-soggettivizzano anche gli adolescenti, dall’altra parte vi è una sempre più marcata tendenza all’individualismo, al soggetto posto al centro di tutto e alla difficoltà a creare dei legami e delle relazioni che non siano autoreferenziate.

Un primo passo possibile è riconoscere l’adolescente come tale e cioè comprendere con lui quale sia il grado di maturità raggiunta e colmare la differenza con l’intervento dell’adulto: pensare di fare il genitore considerando maturo il proprio figlio solo perché in grado di navigare in rete o guidare un’auto può rivelarsi un errore. Questo implica anche porre dei limiti necessari proprio a colmare il gap tra adolescenza ed età adulta. La modalità migliore è il dialogo anche nell’ottica di un ritorno alle relazioni fisiche e non più solo digitali seppur anche solo sedendosi ad un tavolo e parlando guardandosi negli occhi. Inoltre si favorisce anche la de-oggettivizzazione ritornando all’ideale quasi romantico del confronto e della conversazione quale strumento di mediazione tra due persone per risolvere un problema. Uno strumento complementare a questo consiste nel riscoprire le emozioni: se il dialogo di cui sopra si riduce a delle direttive che i genitori trasmettono ai figli, lo stesso adolescente non è in alcun modo stimolato ad alimentarlo, vedendolo solo come uno strumento di sottomissione agli ideali genitoriali. Si deve invece aprire un confronto nel vero significato etimologico del “cum”=insieme e “frons fronti”=fronte; in cui non si attuano dinamiche di potere. Con questo non si deve commettere l’errore, già descritto sopra, di considerare a priori adulto l’adolescente, quanto ascoltarlo e leggere tra le righe dei suoi comportamenti ribelli e affermazioni azzardate, il vero messaggio che vuole trasmettere.

Infine è altrettanto importante per il genitore o educatore saper trasmettere ciò che si è ascoltato: non tanto le parole pronunciate quanto quelle mai dette ma vero fulcro dell’adolescente criptico.

Bibliografia

Jensen F. E., Il cervello degli adolescenti, Mondadori, 2015

Scognamiglio R. M.,Russo S. M., Adolescenti Digitalmente Modificati (ADM), Misesis

Edizioni, 2018

ALICE GARBIN

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