Chiara Alpi ci accompagna nel magico mondo di Harry Potter, facendoci fare conoscenza con alcuni dei personaggi della saga: Voldemort, Silente, Harry, Dolores Umbridge, Bellatrix, Regulus, Draco, Neville, Peter, Luna, McGranitt, i coniugi Weasley, Hermione, Dobby, Winky… E poi tre delle quattro Case: Grifondoro, Corvonero, Serpeverde; spesso nettamente caratterizzate e diverse l’una dall’altra. Lo scenario complessivo rinvia alla dialettica (che diviene a tratti lotta) tra ideologie che corrono il rischio, lungi dal valorizzare le diversità, di imporsi come camicia di forza del libero pensiero. Ma il protagonista e i suoi amici sventoleranno la bandiera vittoriosa sul campo di una battaglia che, alla fine e con il contributo dei lettori, vedranno sconfitti potere arrogante, presunzione e violenza relazionale. E dato che – come sottolinea Chiara – i bambini ci guardano e ci imitano, ecco che ogni tipo di strategia educativa adottata, dalla primissima infanzia fino all’età adulta, potrebbe (o dovrebbe) far propri almeno alcuni degli spunti suggeriti dai libri che narrano l’avventura di tutta la compagnia di Harry Potter. “Perché le ideologie degli adulti inevitabilmente ricadono sui bambini e sulla loro crescita”.
***
Ringrazio Alice Aratti per la possibilità di commentare e condividere opinioni su questo mondo che adoro e di cui amo far parte.
La diversità è un concetto presente in ogni libro o film di questa saga che è stato, ed è ancora, il caposaldo di più di una generazione. E quando una saga sopravvive al tempo c’è sempre un motivo che va al di là della grafica o delle singole parole, in un identificarsi e sentirsi rappresentati dai personaggi, dalle frasi dette, dai pensieri messi su carta. Forse siamo noi che adoriamo iper-analizzare ogni aspetto, anche di libri per ragazzi, ma non credo che sia solo questo. Ogni giorno notiamo un sacco di differenze con le generazioni prima o dopo di noi, ma quello che so è che ho partecipato a raduni su questa saga in cui l’età dei presenti era compresa tra i 65 e gli 8 anni.
Dicevo, la diversità è un po’ il punto centrale di questa saga, il fulcro sui cui si basano tutti gli avvenimenti di ben 7 libri. I mangiamorte che, riconoscendo la diversità lottano per eliminarla e l’altra fazione che lotta per preservare il diritto di ognuno a essere diverso. Diversità di sangue che diventa, come ha fatto notare Alice alla fine del suo intervento, metafora di differenti aspetti presenti nella nostra quotidianità. Ma continuiamo a parlare per metafore, almeno ancora per un po’.
La lotta per la supremazia di sangue nasconde in realtà molto di più: è diversità di stirpe e di tradizioni, di mentalità, di conoscenze. Il sangue, come ci fanno notare per tutto il libro non ha nulla a che fare con il potere: il sangue è un pretesto; Voldemort sfrutta un’ideologia, un pregiudizio senza alcune base se non l’ancoraggio a tradizioni. Silente, Harry, Voldemort stesso sono mezzosangue, eppure i mangiamorte non si fanno problemi a seguire il loro leader. Perché quello che rincorrono è il potere, che Voldemort offre, per cui si sentono gli unici meritevoli, che i nati babbani rischiano, nella loro ottica, di diluire, di portare via. Voldemort sfrutta la divisione “noi” “loro”, in cui “loro” sono degli estranei che hanno diluito la magia, che occupano i posti nelle scuole, non avendo gli stessi diritti, semplicemente perché i loro genitori non appartengono al mondo magico.
Ma Voldemort non è l’unico cattivo della storia. Ce ne è almeno un altro, sempre riferendosi semplicemente alla lotta contro la diversità, che è un cattivo molto diverso ma non per questo meno pericoloso: Dolores Umbridge. Voldemort, come Bellatrix, è un cattivo per eccellenza, identificabile, circondato da persone che lo coprono, con contatti ovunque, capace di corrompere con promesse a volte vere e a volte no, ma incredibilmente attraenti. La Umbridge, viceversa, è quel male, mascherato, che si fa più fatica a riconoscere ed estirpare. Certo nei libri e nei film è chiaro e identificabile, grazie al contesto e alla presentazione del personaggio. Ma in realtà è quel male nascosto nelle istituzioni, che piano piano si insinua ovunque, che viene riconosciuto solo quando ormai è troppo tardi. Mentre Voldemort è quel male guidato dall’odio e dalla vendetta per un torto subito, la Umbridge è l’incarnazione di quel male derivato dalla paura per tutto ciò che non si conosce, che è diverso, che non è “tradizionale”; è quel male contro cui è difficile combattere a parole, quel male che si fa cieco e sordo davanti a chi prova a opporsi, davanti a motivazioni e spiegazioni plausibili di ciò che è diverso.
I buoni non sono altrettanto identificabili. Certamente ci sono dei protagonisti e ci sono delle persone che li aiutano e che combattono contro quello che viene definito “il Male”. Ma il bello, secondo me, di questi libri è che non ci sono dei personaggi completamente positivi, irrealisticamente positivi. “Il mondo non è formato da buoni o mangiamorte; ognuno di noi ha un po’ di luce e di oscurità dentro di sé.” Ed è questo che ci rende così tanto propensi a identificarci con almeno uno di loro.
Ma la diversità non si vede solo in questa lotta che sembra circoscritta agli adulti (La maggior parte dei quali avrà comunque sui 30 anni). Perché le ideologie degli adulti inevitabilmente ricadono sui bambini e sulla loro crescita. È sempre la stessa storia: i bambini ci guardano e ci imitano. A dir la verità, leggendo varie storie su internet, mi sono resa conto di quanto sembrino strani, in un mondo in cui si lotta per capire che ogni persona è unica, diversa e apprezzabile per questo, alcuni discorsi sulle Case che paiono esplicitare, amplificare e rendere fisse e immutabili queste differenze. Ufficialmente, infatti, la divisione in Case è fatta per identificare i punti di forza di ognuno, sviluppandone il potenziale e rendendo quindi lo scopo ultimo l’identificazione dell’unicità di ciascun nuovo alunno. In realtà la divisione in alcuni punti del libro è molto netta, e nel discorso iniziale ogni Casa è una famiglia e le azioni di ognuno faranno guadagnare o perdere punti (“Lo Smistamento è una cerimonia molto importante, perché per tutto il tempo che passerete qui a Hogwarts, il vostro dormitorio sarà un po’ come la vostra famiglia. Frequenterete le lezioni con i vostri compagni di dormitorio, dormirete nei locali destinati al vostro dormitorio e passerete il tempo libero nella sala di ritrovo del vostro dormitorio.”). Sappiamo tutti cosa questo può portare dal punto di vista psicologico, nell’identificazione di due gruppi “noi” e “loro”. In vari punti del libro, soprattutto tra i ragazzi si nota una distinzione netta anche delle caratteristiche di ogni casa: come se uno studente in Grifondoro non potesse essere intelligente, o astuto. Come se uno studente in Corvonero non potesse essere coraggioso, o un Serpeverde leale. Il cappello parlante è il primo che a volte viene influenzato da come una persona è e non da quello che potrebbe diventare, dal potenziale che potrebbe avere. E come si può già giudicare un bambino di 11 anni e sperare che non venga influenzato dai pregiudizi inevitabilmente collegati a ogni Casa? La velocità con cui viene smistato Malfoy, sembra (anche da come è narrato nel libro) molto più collegato al suo atteggiamento presente che al potenziale che potrebbe sviluppare. Cosa che non accade per Harry.
Si aprirebbe poi una parentesi enorme sui vari personaggi e su come siano cresciuti, influenzati da determinati valori, persone, scelte, dalla famiglia, dalla Casa, dagli amici. Ci si potrebbe chiede se il non avere una scelta è un’opzione considerabile (mi piace pensare sempre alla differenza tra Regulus e Draco, tra Neville e Peter). Si potrebbe evidenziare quanto sembri più facile schierarsi contro le discriminazioni più evidenti e più difficile appoggiare persone la cui diversità e unicità sembra strana pure a noi (Luna), quanto appaia difficile trovare un personaggio che sia un adulto autorevole in questa saga (mi vengono in mente solo la McGranitt e i coniugi Weasley). Ma rischierebbe di diventare un discorso troppo lungo e ampio e di somigliare a una tesi più che a un contributo.
Sicuramente la saga mostra come comunque ci siano degli esseri apparentemente ritenuti inferiori da tutta la società, come dimostra la fontana al Ministero della Magia, per cui un mago e una strega vengono guardati con adorazione da un goblin, un centauro e un elfo domestico (nel film addirittura solo il mago è in posizione centrale rispetto alle altre figure). E proprio a difesa di quest’ultima categoria combatte Hermione per dare a loro pari diritti. Tramite questa battaglia, riccamente descritta nei libri, nel rapporto tra Hermione e Dobby e tra Hermione e Winky, ci viene mostrato, non tanto se, quanto come lottare per i diritti delle categorie che non hanno i nostri stessi privilegi.
Per terminare, molto importante e indicativa, secondo me, rimane la diffusione di questa saga e la possibilità di lavorarci, di inserirci personaggi, storyline parallele, di inserircisi personalmente (solo su EFP, noto sito di fanfiction italiane, ci sono 57.141 storie su questa saga). Anche a seconda di come vengono modificate o continuate le storie, del focus che viene dato, del protagonista scelto e di tanti altri aspetti, è bello cercare di capire sempre qualche aspetto nuovo, mai interamente notato in precedenza.
CHIARA ALPI