Direttore d’Orchestra.
In alcuni Paesi esistono biblioteche dove puoi “prendere in prestito” una persona, invece di un libro, per ascoltare la storia della sua vita e ciò che pensa in relazione alle cose del mondo. Nel 2000, in Danimarca, è stato avviato un progetto innovativo e brillante: una libreria di esseri umani. L’iniziativa si è presto diffusa in altri luoghi, grazie all’organizzazione The Human Library.
In questa libreria vivente abbiamo immaginato di incontrare Beatrice Venezi, giovane Direttore d’Orchestra (nota bene: è lei stessa a definirsi “direttore” e non “direttrice”, in delicata polemica con un femminismo di maniera).
Abbiamo voluto sfogliarne le pagine descritte e pensate a partire dalla propria, specifica esperienza di Direttore d’Orchestra. La sintesi che proponiamo riprende i temi affrontati in una conferenza tenutasi nel giugno dello scorso 2017, tematiche e riflessioni che dovrebbero interessare chiunque abbia a che fare con gruppi delle più svariate tipologie: bambini, ragazzi, colleghi, volontari, docenti, insegnanti. Una qualsiasi “classe” ha infatti a che vedere con una qualche, originale forma d’orchestra costituita da bambini e ragazzi, professionisti e competenti nel leggere gli spartiti musicali della propria vita vissuta e immaginata.
Beatrice Venezi racconta:
«Vi è una diffusa sete di conoscenza. Si tende a voler sapere come si fa a fare qualcosa. Per esempio: il mondo della musica classica, della vita d’orchestra e delle sue dinamiche, rinvia allo studio, al sacrificio, alle relazioni umane. Ha che vedere con le scariche di adrenalina. In ultima analisi, “sintonia” è al riguardo un concetto chiave. Che cosa, dunque, fa un direttore d’orchestra con tutti i suoi movimenti?».
Ecco il punto: che cosa fa un volontario impegnato in un qualsivoglia processo educativo e di sostegno? E un responsabile di un gruppo (l’insegnante E’ responsabile del gruppo-classe e del raggiungere o meno gli obiettivi attesi e definiti)? Le riflessioni che seguono suggeriscono e pongono interessanti spunti di riflessione operativa.
«Deve tenere il tempo – prosegue Beatrice Venezi – mostrare l’andamento. Ma se fosse solo per questo, basterebbe un metronomo. Tempo e dinamiche costituiscono un qualcosa di maggiormente complesso. Il Direttore si trova di fronte a musicisti preparatissimi, assolutamente in grado di INTERPRETARE ciò che trovano scritto sullo spartito. Potremmo allora trovarci di fronte a più e diverse interpretazioni dello stesso brano musicale (programma scolastico, anche. NdR). Ed è qui che interviene il direttore d’orchestra. Il compito di un direttore è quello di unificare le coscienze MUSICALI, ben s’intende. (Piero Bellugi). Il fine è quello di determinare un’unica e unitaria interpretazione di una composizione musicale. Deve allineare ad una visione comune. Una visione talmente forte che non può che essere CONDIVISA. Parlando di condivisione ci si avvicina al concetto di Leadership, che per me oggi è una Leadership più partecipativa rispetto al passato. Deve riuscire a valorizzare i singoli. Il Direttore si mette al centro perché deve essere il pilastro forte e stabile su cui tutti gli artisti, e non soltanto l’orchestra ma – se si tratta di un’Opera lirica – abbiamo anche i cantanti, il coro, le maestranze dietro le quinte, un sicuro punto di riferimento su cui tutti sentono di poter contare. Le orchestre sono degli organismi complessi e spietati; immediatamente “annusano” chi hanno davanti e semplicemente decidono, in tre minuti, se sì o no. Il Direttore deve essere accettato. Ma c’è una differenza tra l’essere Direttore stabile oppure ospite. Gli orchestrali si conoscono benissimo, con un Direttore ospite hanno solo due o tre giorni prima di arrivare al concerto.
Il Direttore si mette al centro ma allo stesso tempo dev’essere in grado di DELEGARE. Il singolo deve essere valorizzato. Io interverrò soltanto quando mi rendo conto che il problema non viene risolto come io stessa mi aspetto.
Bisogna tener conto dei ruoli: l’orchestra è divisa in sezioni; strumenti ad arco, strumenti a fiato (legni e ottoni), a percussione. Dopo il Direttore, la persona più importante è il primo violino. Siede alla sinistra del direttore. Poi abbiamo tutte le prime parti delle altre sezioni. Ogni mia richiesta passerà dalla prima parte di quella sezione. C’è una gerarchia che è importante rispettare. Sguardi, mimica facciale, gesti. La tecnica è comunicazione (L. Bernstein), e Comunicazione è allora la parola chiave».
Beatrice Venezi ragiona allargando la riflessione:
«La musica classica non è un qualcosa di antiquato: ha un potenziale che può stupire e coinvolgere. Non è una cosa per vecchi. La musica, tutta la musica, è vita. E così incontriamo il concetto di Innovazione: non se ne innesca il meccanismo, né si può essere innovativi se non si è consapevoli della propria origine e tradizione. Per me oggi è innovativo riconoscere ciò che siamo stati e siamo. E’ importante far uso delle figure retoriche, specialmente allegoria e soprattutto ironia, che assumono valenza rilevante. Serve un cambio di mentalità, servono figure nuove che dimostrino la modernità della tradizione. Bisogna combattere il pregiudizio dall’esterno e dall’interno del mondo accademico. Ma come si fa convincere al cambiamento così da renderlo vivo e vero? Attraverso l’esempio diretto. Il processo primario di apprendimento (bambini) è l’imitazione. Del resto, come faccio a infrangere le regole se non le conosco? La tradizione deve essere allora valorizzata. Come faccio a sapere dove andare se non so da dove provengo?».
Fin qui l’intervento, durato una ventina di minuti, di Beatrice Venezi. Dovrebbe star ora a chiunque abbia a che fare con la gestione di “gruppi” della più svariata natura, desumerne e trarne indicazioni utili dal punto di vista pratico e operativo. Per esempio: la Coordinatrice di un gruppo di Coordinatrici, non potrebbe immedesimarsi nella singolare figura di Direttore di un’Orchestra del tutto particolare ma le cui dinamiche si avvicinano a quelle messe in evidenza da Beatrice Venezi…?
E siamo, per terminare, all’orchestra costituita dai bambini, esseri emotivamente brillanti e vivi, che suggeriscono all’adulto (genitore o insegnante che sia) la via da intraprendere per evitare la propria adulterazione. Con i suoi versi, Franco Fortini dipinge la situazione:
IL BAMBINO CHE GIOCA
Il bambino smise di giocare
e parlò al vecchio come un amico.
Il vecchio lo udiva raccontare
come una favola la sua vita.
Gli si facevano sicure e chiare
cose che mai aveva capite.
Prima lo prese paura e poi calma.
Il bambino seguitava a parlare.
*
Anche questa volta hai fatto centro caro Silvio offrendoci questa meravigliosa immagine a partire da un ‘esperienza che mi arriva preziosa come un tesoro inestimabile. Come non accogliere suggerimento è sfida?
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