Io e l’infinito

GR, Maestra di scuola elementare, ha avuto l’idea – in questo periodo di “distanziamento sociale” – di promuovere una sorta di “avvicinatemelo culturale”. Il primo passo (azzardato?) in questa direzione è stato quello di chiedere agli alunni di terza di esprimere la propria opinione svolgendo il tema “Io e l’infinito”. Ricevette molte lettere (non mail, ma vere e proprie lettere spedite con la normale posta). Una sua allieva di nove anni ha scritto: “Dio è l’infinito, ma anch’io sono infinita perché sono fatta di pensiero e il pensiero è infinito”. GR rimase di stucco di fronte a tanta profondità e, chissà perché, le venne in mente Giacomo Leopardi il cui sguardo – pensò – ha la lucidità che solo i bambini hanno prima che l’istituzione scolastica provveda a tarpar loro le ali della fantasia. Aperse a caso lo Zibaldone: “Il più solido piacere di questa vita è il piacer vano delle illusioni”. Appuntò sul suo diario: “La scuola è (o dovrebbe essere) come una grande casa dove l’illusione si trasforma in immaginazione. E ogni immagine, per semplice che sia, è rivelatrice di uno stato d’animo. Chiosando Piumini, si potrebbe dire che ogni classe è una bimboteca di stati d’animo che devono essere colti e ascoltati. L’immaginazione di ogni allievo andrebbe coltivata e protetta perché ogni processo immaginativo aumenta i valori della realtà. E poi: dato che, comunque, la scuola è anche il luogo dove viene “trasmesso” il sapere che tuttavia dovrebbe accompagnarsi all’oblio di questo stesso sapere: il non sapere non è ignoranza, ma un difficile atto di superamento della conoscenza. Solo così si potrà cogliere il vero senso di una rosa rossa. La scuola dovrebbe essere uno spazio felice dove dominino le rotondità e non le spigolosità rappresentate – per esempio – dai voti, dalle valutazioni, dalle interrogazioni e dai test Invalsi. Per essere pienamente vissuta, la scuola dovrebbe essere sognata”.

Di queste sue considerazioni, GR ne parlò in consiglio di classe: le sue colleghe le domandarono se – per caso avesse bevuto.

Lettura consigliata: Gaston Bachelard, La poetica dello spazio, Bari, Edizioni Dedalo, 1975.

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