Giuseppe Mantovani scrive: “Il pettegolezzo ha una fama abbastanza cattiva ma forse non del tutto meritata. E’ vero che certi pettegolezzi nascono dalla meschinità o dall’invidia, ma ciò non basta a screditare in generale un’attività che ha spesso una connotazione morale positiva. Non dobbiamo confondere il pettegolezzo con la calunnia o la maldicenza. La calunnia e sua sorella minore, la maldicenza, producono mere menzogne mentre il pettegolezzo ha un certo rispetto per la verità. Esso aspira a stabilire come siano realmente andate le cose, cita, quando possibile, le fonti, cerca riscontri indipendenti, lascia margini di dubbio. Da tutto ciò nasce il suo rapporto paradossale con la verità che viene rispettata e nello stesso tempo tradita. Lo spunto della storia è spesso vero ma viene trasfigurato da un lussureggiante fiorire di interpretazioni: “i pettegolezzi dicono quasi sempre la verità sulle cose che accadono, ma le cose non accadono quasi mai come i pettegolezzi le raccontano”.
Da: Mantovani, G., L’elefante invisibile. Alla scoperta delle differenze culturali, Firenze-Milano, Giunti, 2005
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Chiunque operi, come si dice, nel sociale è bene quindi che riconosca a se stesso il diritto di fare pettegolezzi, secondo la prospettiva di Mantovani. E d’altro canto, è ugualmente necessario e bene che abbia la capacità di ascoltare, decodificandone i micro segnali, i moduli comunicativi che usualmente rientrano nella famiglia dei “pettegolezzi”.