Al momento sembrerebbe che non si possa fare a meno delle tecnologie assurte a protocollo didattico unico e ineludibile in questo tempo di pandemia. Ma se ne sono considerati i danni collaterali? Non sarebbe forse il caso di ragionare creativamente intorno alla possibilità di assumersi un “rischio calcolato” così da ridefinire i contorni della scuola come spazio di socializzazione, come è sempre stata e sarebbe bene continuasse ad essere?
Il processo educativo è un processo complesso che non può ridursi alla sola dimensione dell’istruzione. Non sarebbe possibile, mantenendo le necessarie prudenze e osservando specifiche condizioni sanitarie, riaprire le scuole e ogni altro spazio dove gli esseri umani possano riprendere ad interagire e socializzare?
L’insegnamento in presenza è tutt’altra cosa rispetto all’insegnamento a distanza e affonda le proprie radici in una tradizione educativa che data di almeno un paio di millenni e non può di certo essere sostituita dalla distribuzione di tablet o dai monitor dei computer.
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Come non condividere questa provocazione?
Credo che tutti gli operatori del settore si stiano attivando affinché questo possa davvero essere possibile
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