Il contributo di Cristina Fratto – insegnante – si propone come avvio di una riflessione che vedrà, nel suo naturale e successivo sviluppo, la possibilità di mettere a fuoco precise strategie didattico-educative finalizzate – in primo luogo – alla valorizzazione delle differenze. La situazione che stiamo vivendo, dove il distanziamento sociale si è venuto a configurare come preciso paradigma di comportamento, implica la disponibilità di accettare una non semplice sfida: criticità e problemi andranno affrontati con costruttiva creatività. Una capacità, quest’ultima, che i bambini hanno in grande e sorprendente dose. Non ci resta che ascoltare le risposte che senz’altro saranno in grado di dare alle nostre domande. Sempre che genitori e insegnanti abbiano l’accortezza di farle, con il dovuto modo.
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Sto vivendo a pieno questa realtà della Didattica a distanza che richiede sforzi da parte degli insegnanti, dei genitori e soprattutto dei bambini, i quali dimostrano ogni giorno uno spirito di adattamento molto più grande di quello di noi adulti.
A volte, però, si presentano delle difficoltà particolari per bambini che magari hanno situazioni familiari o economiche compromesse, tanto da non poter avere quelle risorse necessarie per essere completamente partecipi di questa nuova didattica.
Allora ho riflettuto in particolare su due bambini della mia classe, entrambi stranieri, che però hanno ugualmente il diritto e il dovere all’istruzione, o almeno dovrebbero averlo.
Ho pensato a quanto il numero degli alunni stranieri nelle scuole italiane sia costantemente in aumento e a quanto sia perciò necessario un processo di integrazione, vedendo questi bambini non solo come da aiutare a integrarsi nel nuovo ambiente, ma anche come una risorsa per poter ridefinire l’ambiente scolastico. Emerge il bisogno di favorire atteggiamenti di comprensione e di valorizzazione delle differenze, cercando di contrastare i pregiudizi e gli stereotipi che spesso si creano e che guidano le azioni degli altri.
Sarebbe interessante proporre alle scuole un progetto basato sull’intercultura, sulla visione del bambino immigrato come “occasione” per entrare in contatto con ciò che è diverso nel senso positivo del termine e da ciò conoscere meglio sé stessi, aumentando il riconoscimento di aspetti comuni e differenze con l’altro e potenziando la capacità di comunicazione e quella empatica.
La prospettiva da adottare potrebbe essere quella che considera l’individuo ma anche tutto ciò che lo circonda, quindi agendo anche su tutto il contesto con cui il singolo si relaziona considerando che, come sosteneva Lewin, il comportamento deve essere spiegato in relazione alla situazione in cui esso si manifesta.
Sarebbe interessante l’utilizzo di una strategia pedagogica di tipo autobiografico, utilizzando tecniche come la “narrazione” o la “cooperative learning” in modo che gli studenti lavorino insieme per raggiungere obiettivi di apprendimento condivisi. Tutto il progetto potrebbe essere articolato in incontri di vario genere: ascolto e condivisione riflettendo sulle scelte di vita e sui cambiamenti vissuti; racconto di sé relativamente a momenti presenti ma anche passati, utilizzando magari il gioco; condivisione di punti di vista diversi dal gruppo partendo dalle regole nell’ambiente domestico per trovare delle regole di vita comuni adottabili nel contesto scolastico; racconti di diverse culture soffermandosi su come l’aspetto culturale possa influire anche sul modo di vivere diverse emozioni.
Il progetto potrebbe essere distribuito nell’arco di tutto l’anno scolastico e, al termine, potrebbero essere utilizzati alcuni strumenti, ad esempio test per monitorare se vi siano stati dei cambiamenti e l’osservazione di comportamenti come l’emarginazione, l’accettazione e la cooperazione.
CRISTINA FRATTO, Insegnante
Bellissimo contributo, attuale già da anni ma forse ancora più necessario ora alla luce di questa emergenza. Riuscire a promuovere le diversità come reale ricchezza, per imparare a conoscere gli altri così come noi stessi sarà sempre più rilevante nella nostra società in ormai veloce evoluzione. Interessante anche l’idea di monitorare la risposta con strumenti così da poter avere anche dati più oggettivi. Grazie, Cristina!
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