COME SONO ARRIVATO ALL’UVI? La testimonianza appassionata dell’incontro con uno spazio dove affetto e ragione dipingono ogni attività associativa.

Carlo Severgnini – tesoriere dell’Associazione – ci fa partecipi di un’esperienza che, da individuale, diventa di gruppo. Vi si rintracciano valori, modi e stili che vedono nell’entusiasmo del dono del proprio tempo, il più significativo paradigma operativo.

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Come sono arrivato all’UVI?
Ma grazie a Totò, la nostra amica Totò che purtroppo da poco ci ha lasciato. Sono stato coinvolto dal suo travolgente entusiasmo e d’improvviso mi sono trovato immerso in un universo, allora interamente femminile, cui non ero in realtà preparato.
Lavoro spesso con aziende, anche di grandi dimensioni e in più per mia natura sono metodico e ho bisogno di programmare tutto per ridurre l’ansia che mi accompagna da sempre. Potete immaginare quindi il mio sconcerto nei primi tempi.
E anche nei secondi.
E nei terzi…
Ma dopo un po’ mi sono reso conto che da quel guazzabuglio di pareri, umori, idee contrastanti, tutti riuniti sotto il cappello della voglia di fare qualcosa per i ragazzi, alla fine si riusciva sempre a produrre qualcosa di buono e servizi, affiancamenti, assistenze e soprattutto amore, arrivavano ai giovani in misura decisamente superiore a quello cui erano abituati.
Per me, improntato alle formalità e all’organizzazione aziendale, è stato un salto nel vuoto, ma ho scoperto che funziona. Quando tutti, al di là delle differenze di idee e di metodi, hanno solo a cuore l’interesse di chi è meno fortunato, il prodotto finale è sempre giusto. Magari non sempre è raggiunto nel migliore dei modi o nel più efficiente, ma è raggiunto.
Non so neanche bene da quanti anni sono all’UVI, ma ho visto passare tante persone. Qualcuna ha lasciato per età, esigenze personali o anche scelte di vita cui tutti siamo obbligati a sottostare. Qualcuna ci ha lasciato fisicamente, come la nostra Totò, creando un grande vuoto in chi l’ha conosciuta bene. Ma molte sono presenti da sempre e con lo stesso entusiasmo del primo giorno.
Ho visto crescere, anche se con fatica, una connessione sempre più stretta fra tutte le anime dell’UVI.
Chi si occupa di strategie e amministrazione, recuperando i fondi per coprire i costi e far crescere l’UVI nel variegato panorama del Terzo Settore, trovando le necessarie, essenziali e giuste alleanze con altre Associazioni aventi le medesime finalità. Chi si occupa della gestione tecnica, con la professionalità e delicatezza di psicologi e educatori che devono fornire ai volontari gli strumenti per fare il meglio possibile con ragazzi e bambini.
E ovviamente “last but not least” (viene meglio in inglese…), i meravigliosi volontari che, già presi da mille impegni di famiglia e di lavoro, riescono a regalare un poco del loro tempo e moltissimo del loro animo, ai nostri assistiti. L’impatto emotivo di accostarsi a chi è in difficoltà lo vive e lo soffre in diretta ogni singolo volontario.
Avevo scritto “loro assistiti” perché il rapporto diretto e la prima linea, fanno parte del “loro”, personale patrimonio esistenziale.
Poi ho corretto in “nostri assistiti”, perché l’UVI è un corpo unico, dove ogni sua struttura è essenziale e sinergica all’altra e una senza l’altra non sarebbe riuscita ad aiutare oltre quindicimila ragazzi e bambini in più di cinquant’anni di attività.
E’ il bello del volontariato. Senza le efficienti rigidità del settore produttivo, in un apparente caos organizzativo (non me ne vogliano le tante signore che con grande capacità si occupano della struttura) ne esce la meraviglia di interventi collettivi come “L’Albero dai mille colori” o “Semina Musica e Raccogli Armonia”, dove ogni singolo componente ha dato un essenziale contributo con generosità, altruismo e totale dedizione, creando situazioni e risultati che mai nessuno si sarebbe immaginato.
E anche in un periodo difficile come l’attuale, dove la quarantena impedisce la quali totalità delle attività normali, la stessa UVI riesce a raggiungere chi si trova in difficoltà con tanti e molti interventi che, superando la distanza, fanno sentire la continuità della nostra presenza e del nostro sostegno.
Oggi si tende a misurare tutto e ci hanno proposto di calcolare quanto torni alla società nel suo complesso per ogni euro investito in UVI da benefattori e sostenitori. Sarà interessante vedere che numero ne esce. Ma so che sarà alto. E quella differenza darà più evidente concretezza alla dimensione della generosità e dell’altruismo appassionato di tutti coloro che operano a qualsiasi titolo in UVI.

CARLO SEVERGNINI

2 Replies to “COME SONO ARRIVATO ALL’UVI? La testimonianza appassionata dell’incontro con uno spazio dove affetto e ragione dipingono ogni attività associativa.”

  1. Carissimo Carlo, hai dipinto nei giusti colori un UVI affettuosa, organizzata e disorganizzata, amata, partecipata da tutti, sempre, con lo stesso entusiasmo!! Ci ritroviamo artigiani e imprenditori, per un ideale comune. Grazie

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