Aradia è una giovane donna, dai capelli neri, lunghi e mossi come onde del mare. Dagli occhi grandi come lampare di luce. Con uno scialle intessuto di vento e raggi di sole. Abita lontano, nel tempo di un altro tempo. Lavora giorno e notte al suo telaio magico, intessendo la propria e l’altrui vita.
Coglie il respiro del mondo, sentendone le sofferenze raccontate dagli sguardi delle persone che si affacciano alla sua bottega. Le ascolta in silenzio e in silenzio le congeda, regalando a ciascuno un abito intessuto di speranza e di coraggio.
Inquieta e vibrante, cuce il proprio amore con i fili del cielo. Le capita, a volte, di interrogarsi sulle scelte fatte e da farsi: dubbi e sogni ne arredano allora la mente.
Ed è in questo navigare nel mare dell’immaginario che è stata presa per mano da un viandante della notte che, gentilmente, le ha sussurrato il modo per rendere visibile l’invisibile. E ciò le permise di incontrare COVID19, fino a quel momento invisibile ma molto attivo nell’introdursi nella vita e nei pensieri di tutti coloro che avevano l’avventura, senza potersene accorgere, di incontrarlo. Lo invitò a sedersi e parlarono a lungo. Non era così antipatico come in genere lo si pensava. Con gentilezza, rivendicò il proprio diritto ad essere ciò che la propria natura lo portava ad essere e – disse – da molti anni. Nelle sue infinite varianti gironzola infatti per il pianeta da molto prima di quando apparse l’Homo, cosiddetto Sapiens. Aradia rispose al sorriso del suo momentaneo ospite e, sempre sorridendo, gli fece notare che – forse – avrebbe potuto e dovuto essere meno aggressivo, meno violento nell’accomodarsi nei polmoni di molte migliaia di esseri umani. “Vero”, le rispose facendole poi però notare che questo suo disdicevole (ma dipende dai punti di vista) comportamento si ispirava a ciò che gli uomini gli avevano insegnato: l’umanità si è sempre agghindata di violenza, verso se stessa, verso la natura e verso tutti gli esseri viventi e non viventi che abitano la Terra. In questo senso, le fece notare, di tanto in tanto e in osservanza della Legge Naturale, quando sul pianeta diventa eccessiva e pericolosa la presenza di una specifica specie animale (leggi, l’uomo), si procede in automatico per ridurne la presenza. “Una tale missione salvifica è stata attribuita a me che, invisibile, ho iniziato la mia crociata planetaria. Tu sola mi puoi vedere e puoi renderti conto che sono un essere cortese e disponibile”. Aradia non ebbe grandi argomenti con cui ribattere alla posizione di COVID19: in fondo, non aveva tutti i torti. Però gli chiese se aveva in mente un numero massimo di “vittime” da sacrificare così come sembra venga imposto dalla Legge Naturale alla quale deve attenersi. “A me basta che uomini e donne si rendano conto che non sono i padroni dell’universo. Che sono molto più fragili di quanto la loro arroganza e supponenza non li porti a credere. Non ci sono armi di distruzione di massa che possano eliminarmi, per di più invisibile come sono. A me basterebbe che l’umanità diventi più umana”.
Nel congedarlo, Aradia abbracciò COVID19 che, allontanandosi, mise un fiore nei capelli della Maga che riprese il lavoro al suo telaio magico e, per l’occasione, cominciò a tessere mascherine anch’esse magiche e colorate.
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Un punto di vista che dovrebbe far riflettere, quello di COVID19!
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Ne ho davvero lette tante di storie in cui la riflessione principale da pandemia è il richiamo all’ordine dell’umanità intera, ma devo dire che questa Silvio è davvero la più poetica di tutte!
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