I BUONI LO PENSANO. I CATTIVI LO FANNO

Si vocifera, si mormora e si spera che, quando COVID19 deciderà di coricarsi, smettendo di importunarci, usciremo di casa, avendo imparato ad essere più buoni, più moralmente belli e – nella sostanza – più sensibili al benessere nostro, altrui e del mondo. Corriamo però il rischio di fare i conti senza l’oste, dove per “oste” è da intendersi la natura umana, cioè la natura della specie animale più stupidamente aggressiva che abiti il pianeta.
Robert Simon al riguardo scrive (siamo negli anni Novanta): «Il genere umano ha un lato oscuro: la sua esistenza non dovrebbe sorprendere coloro che pensano di essere brave persone. Per la maggior parte delle religioni l’umanità è cattiva, malvagia e ha un estremo bisogno di redenzione. La storia di Adamo ed Eva racconta la caduta dell’uomo, con la perdita della grazia e la discesa in una condizione disperata. Da quel giorno, la storia del mondo è stata intrisa di violenza.
Oggi i giornali e le emittenti televisive smerciano la loro dose di tragedie umane. Negli ultimi vent’anni quasi 37 milioni di americani sono stati aggrediti da criminali; ogni 22 secondi, un americano viene picchiato, accoltellato, ferito con un’arma da fuoco, stuprato o ucciso. In un’America dove possono spararti da un’auto in corsa, dove la violenza colpisce a caso, nessuno si sente al sicuro. Dall’altra parte dell’Oceano, l’orrenda “pulizia etnica” – un altro modo di dire genocidio – continua senza sosta nelle ex repubbliche della Jugoslavia. In Somalia, decine di migliaia di persone sono morte di fame mentre i signori della guerra feudali si davano battaglia, per poi scatenarsi contro chi veniva a salvare i sonali dalla morte per fame.
Alcuni dei grandi scrittori – come Dostoevskij, Poe, Stevenson e Shakespeare – che hanno scritto classici sugli impulsi più oscuri degli esseri umani, ci fanno intravedere i demoni che si affacciano   dai recessi più bui della nostra mente. La Rochefoucauld diceva che “spesso ci vergogneremmo delle nostre azioni migliori se il mondo ne conoscesse le motivazioni.
Il lato oscuro ci spaventa ma ci affascina».
Le cose sembrano stare proprio così: dagli anni Novanta poco è cambiato. Ma allora? Ecco: quando Agostino (l’abbiamo scritto molte volte e in più occasioni) dice che la Speranza (anche: che un mondo diverso sia possibile) ha due figli: la Rabbia e il Coraggio, ci indica la via da intraprendere: arrabbiarsi e, contestualmente, avere il coraggio di cambiare, noi stessi e il mondo che –a tempo determinato – ci ospita. Riconoscendo la necessità di convivere con il Male che ognuno di noi porta nella propria bisaccia esistenziale. Quando e se non ci impegnassimo in questa salvifica battaglia, la Speranza non sarebbe più l’ultima a morire, ma – al contrario – morire sarebbe l’ultima speranza.
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