I COLORI CI AIUTANO A CAPIRE CHI SIAMO

Definire il proprio “tipo” tramite l’amore/odio per un determinato colore è un gioco psicologico oggi piuttosto diffuso, se non di moda: si spazia da sintetici riferimenti ai seri studi di Max Lüscher, il cui test cromatico, ideato nel 1949, resta uno strumento fondamentale per gli psicoterapeuti, a facili generalizzazioni che richiamano certi oroscopi di giornali adatti ad alleviare l’attesa quando si è dal parrucchiere.
Certo, è stimolante e piacevole riconoscere i nostri tratti caratteriali nelle qualità associate al colore che più ci piace e, anche se può sembrare una semplice curiosità, risponde pur sempre a quel profondo bisogno di autoconoscenza che è in ciascuno di noi. Tuttavia, prima di esaminare l’aspetto psicologico, mi sembra importante indagare l’aspetto ontologico del colore, cioè risalire alla causa per cui i colori primari siano universalmente associati ai nostri fondamentali stati d’animo: ciò significa cogliere le modalità dell’essere in quanto tale, per capire poi meglio le sue manifestazioni.
Nel profondo di ognuno di noi si trovano radicati tre colori detti “primari”, perché sono all’origine di tutti gli altri, prodotti dalla loro mescolanza: il giallo, il blu e il rosso. Ad essi corrispondono precise reazioni nell’essere umano sia a livello fisico sia a livello psicologico: agiscono sul ritmo respiratorio, sul battito cardiaco e sulla pressione, stimolando determinati organi, e di conseguenza generano varie reazioni nella sfera emozionale, dall’eccitazione alla calma.
La spiegazione più accreditata si rifà all’influsso che l’ambiente naturale dovette esercitare per millenni sui nostri progenitori, imprimendo nel loro essere specifiche reazioni: la luce del giorno (rappresentata dal giallo) si associava all’agire, cioè all’azione fisica e all’attività mentale, mentre le tenebre e il cielo notturno (rappresentati dal blu) costringevano alla stasi, alla sospensione, inducendo il sonno e la dimensione onirica, non privi di inquietudini e terrori. Ancora oggi in ogni essere umano il giallo genera un aumento del metabolismo e delle secrezioni endocrine, incrementando il tono neuro-muscolare, l’estroversione, il senso di benessere e di lucidità cosciente (stimola il sistema nervoso simpatico), mentre il blu produce effetti opposti, favorendo il rilassamento e la calma (agisce sul sistema nervoso parasimpatico).
Ma se il giallo, che si accompagna al sorgere del sole, offre la possibilità e la necessità di agire, l’attività vera e propria (rappresentata dal rosso), legata alla sopravvivenza, si espresse a lungo e prevalentemente nella caccia, intrinsecamente associata al sangue (della preda e del cacciatore), alla lotta e al pericolo. L’effetto fisiologico del rosso è tuttora quello di stimolare, più di ogni altro colore, il cuore e il sistema nervoso, suscitando eccitazione, attività dinamica e combattività. E il colore del sangue fu a sua volta associato alla vita, come testimoniano le pareti e i resti delle sepolture preistoriche cosparsi di ocra. L’ambivalenza del rosso si è perfettamente conservata nella nostra psiche: esso rappresenta, infatti, l’energia vitale, la forza, l’istinto, il potere, ma anche l’aggressività, la violenza e il pericolo (si pensi, per esempio, alla segnaletica stradale).
A questi tre colori, che rappresentano i bisogni fondamentali dell’individuo, va aggiunto il verde, colore “secondario” in base alla classificazione cromatica, in quanto prodotto dalla mescolanza, in parti uguali, del giallo e del blu, ma in realtà di primaria importanza, perché rappresenta l’attività difensiva dei nostri progenitori, spesso costretti a fuggire di fronte al predatore. L’agire è, infatti, inevitabilmente costituito da due aspetti: l’attacco e la difesa, l’autoaffermazione e l’autoconservazione. Il primo, convenzionalmente definito “attivo”, e il secondo, “passivo”, sono di fatto parti inscindibili nella dinamica della lotta. Ed è significativo che anche dal punto di vista cromatico il verde sia il colore “complementare” del rosso. Il verde è il colore della natura, che offre protezione e speranza, soprattutto a chi in epoche remote, paurosamente inseguito, dovette cercare in essa rifugio e scampo. D’altra parte (ambivalenza tipica dei ogni colore, ma, oserei aggiungere, di ogni cosa) non si può negare che dalla natura medesima provenisse, per così dire, al malcapitato l’insidia. Sta di fatto che il verde tuttora rilassa e calma, promuovendo il benessere generale dell’organismo, anche perché la frequenza vibratoria di questo colore corrisponde a quella naturale del nostro corpo in stato di quiete. Quanto all’importanza del verde, simbolo di equilibrio, perciò anche di costanza e di tenacia, è bene da ultimo ricordare che è un colore “secondario” in base ai parametri della cosiddetta sintesi sottrattiva (mescolanza dei pigmenti), mentre risulta “primario” (in luogo del giallo) nella sintesi additiva (miscelazione di luci).
Queste quattro varietà cromatiche costituiscono, quindi, il nucleo della nostra sfera emozionale e l’associazione istintiva con i nostri fondamentali bisogni psico-fisiologici si può spiegare con la lunga esposizione dell’uomo ai colori della natura. Nella cosiddetta Tavola degli otto colori, ideata da Lüscher e usata da molti medici in Europa, essi sono definiti “colori base”, mentre i “colori ausiliari” sono costituiti da viola, marrone, grigio e nero. Il test, consistente nell’ordinare i colori secondo una graduatoria di gradimento personale, fornisce il quadro psicologico/esistenziale della persona e permette persino di evidenziare gli stress molto prima che le loro conseguenze si manifestino nel fisico. La preferenza o il rifiuto di un colore, infatti, riflette la situazione dello stato psichico e dell’equilibrio ormonale.
Constatando la presenza, preponderante o carente, di ciascuno di questi quattro colori nella nostra vita, nel gusto personale e nelle scelte quotidiane di indumenti e oggetti, possiamo diventare un po’ più consapevoli delle caratteristiche del nostro mondo interiore. Potrebbe costituire un semplice ma “basilare” punto di partenza per un percorso di autoanalisi.
Cesare Peri

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