Michele Gesualdi, DON LORENZO MILANI. L’ESILIO DI BARBIANA. Cinisello Balsamo (Mi), Edizioni San Paolo, 2017 (2°). Prefazione di Andrea Riccardi. Postfazione di don Luigi Ciotti.

L’Autore è stato uno dei primi sei ragazzi per i quali don Milani organizza, nella canonica di Barbiana, la scuola post elementare nell’ormai lontano 1956. Insieme a lui, Agostino, Aldo, Carlo, Giancarlo e Silvano. Si tratta quindi di una testimonianza di prima mano, che non necessita di mediazioni o mediatori. Diretta e coinvolgente.
Scrive Michele Gesualdi, nella sua nota introduttiva: “Per i giovani di oggi è un’esperienza lontana nel tempo. Appartiene a un’epoca diversa rispetto alla loro. Diventa però attuale quando, confrontandosi con i protagonisti diretti di quella scuola, afferrano che le storture contro le quali don Lorenzo si è battuto e ha insegnato a combattere, esistono ancora. Ieri come oggi ci sono nelle società i primi e gli ultimi, i colti e gli incolti, gli inseriti e gli emarginati, i poveri e i ricchi […] Non riescono a capire per quale motivo un uomo di valore come don Lorenzo, la Chiesa, anziché valorizzarlo, l’ha cacciato in esilio su quel monte per farlo tacere”.
Leggendo le pagine scritte da Andrea Riccardi e don Luigi Ciotti (nella prefazione e nella postfazione), se ne capiscono le ragioni. “Ma certo colpisce – scrive don Ciotti – constatare che solo con papa Francesco, nel 2013, è caduta la condanna emessa nel 1958 dal Santo Uffizio su Esperienze Pastorali, il libro dedicato agli anni di Calenzano, ritirato dal commercio perché giudicato inopportuno”. Prima di essere trasferito a Barbiana, don Lorenzo fu infatti nominato dalla Curia, Cappellano del vecchio proposto della parrocchia di San Donato, don Pugi, a Calenzano.
Sei sono i capitoli, oltre a prefazione, postfazione, cenni biografici (dell’Autore) e note bibliografiche, per un totale di 256 pagine: Prologo, Il Cappellano, Il nuovo mondo, La famiglia di Barbiana, La cruna dell’ago.
Sfogliandone le pagine, ci si viene a trovare nelle condizioni di sfogliare pagine di storia viva e illuminante. Come il caso di “Bestemmino”, il fabbro che, bestemmiando e insultando i preti in generale, andò a Barbiana, invitato da don Lorenzo: gli chiese di insegnare ai ragazzi a forgiare il ferro. “Io e te siamo due forgiatori: tu del ferro io delle coscienze”, ebbe a dirgli, suscitandone una chiassosa risata ironica. Sta di fatto – comunque – che, sotto la guida di Bestemmino, i ragazzi costruirono una vera forgia per scaldare il ferro. Don Lorenzo era guardato con diffidenza anche per il modo che aveva di approcciarsi e discorrere con i senza Dio, dei quali Bestemmino era un più che degno rappresentante.
Lettera a una professoressa – appunta Andrea Riccardi – è forse il suo contributo più noto, frutto del lavoro collettivo della scuola di Barbiana, sotto la direzione del Priore, ormai in gravi condizione di salute. “Ne ha fatto una figura nota come educatore, ma anche attore di una pedagogia rivoluzionaria e di un’azione sociale finalizzata alla promozione degli ultimi”. Prosegue Riccardi: “L’analisi del Priore sulla sclerosi delle strutture ecclesiastiche e dell’episcopato è impressionante e andrebbe approfondita. Fa riflettere ancor oggi”. Un passaggio, sempre tratto dalla Lettera a una professoressa, di particolare interesse per tutti coloro (volontari compresi, quindi) che si impegnano nello stabilire relazioni di aiuto è il seguente: “Ogni popolo ha la sua cultura…Un po’ di vita nell’arido dei vostri libri, scritti da gente che ha letto solo libri”.
Nel testamento di don Milani possiamo leggere queste parole: “Ho voluto più bene a voi che a Dio, ma ho speranza che lui non sia attento a queste sottigliezze e abbia scritto tutto sul suo conto”.
Don Luigi Ciotti – fondatore prima del gruppo Abele e poi di Libera, Associazione che si batte in tutta Italia contro i soprusi delle mafie – sottolinea come, alla tensione etica e spirituale di don Milani, reagiscano non solo le istituzioni laiche, custodi di un sapere elitario, calato dall’alto e che solo alla fine degli anni Sessanta cominciò a scricchiolare, ma anche “la stessa Chiesa – quantomeno nelle alte gerarchie – vede con diffidenza questo educare poveri e analfabeti alla conoscenza profonda dei problemi sociali, alla libertà di coscienza, alla consapevolezza dei propri diritti e all’impegno per affermare quelli degli altri”. E conclude, fornendo la giusta chiave di ascolto e di lettura dell’opera di don Lorenzo Milani: “Essere consapevoli significa essere responsabili, significa mettere la nostra libertà al servizio di chi libero non è. E’ di questa libertà che don Milani è stato maestro. A noi spetta il compito di esserne, almeno, testimoni credibili”.
Don Lorenzo Milani nasce a Firenze il 27 maggio 1923 e muore a Firenze il 26 giugno 1967, a 44 anni.
Lo Spirito Folletto

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