Scienza delle finanze bizzarre
Tratto da: Amerigo Scarlatti, Le imposte bizzarre e Altre stranezze tributarie, in: Et ab hic et ab hoc. 6. Curiosità storiche, Torino, UTET, 1925, pp. 62 – 108
In questo periodo di finanziarie sofferte e combattute, può giovare il rifarsi a quella ben circoscritta e definita scienza il cui oggetto di studio riguarda le “finanze bizzarre”.
Nel corso della storia innumerevoli sono le imposte definibili singolari. Solo per fare qualche esempio: quella sui peccati, istituita da papa Giovanni XXII (1245 – 1334); sui cadaveri, istituita in Piemonte all’inizio del secolo XV; sui pidocchi, riguardante gli abitanti del Perù costretti a dare agli Incas come tributo, una certa quantità di questi piccoli insetti, di cui gli Incas sono ghiotti; sulla barba, decretata da Pietro I, detto Il Grande (1672 – 1725); sulle parrucche, voluta nel 1715 dal duca di Parma, Francesco Maria Farnese (1694 – 1727); sull’indifferenza, progettata durante la Rivoluzione francese da un certo Lacombe per combattere a modo suo lo scarso amore per la Repubblica.
Archeologia immaginaria
Tratto da: Stefano Bugnolo e Giulio Mozzi, Archeologo futuro, in: Ricettario di scrittura creativa. 1. Narrazioni, Roma-Napoli, Theoria, 1997, pp. 117 – 118.
È così definita la scienza che studia un frammento leggibile di un testo contemporaneo e lo interpreta come se, dopo due o tremila anni, fosse l’unica testimonianza rimasta della nostra civiltà.
Si prenda, ad esempio, il ritornello di una famosa canzone cantata da Orietta Berti: “Fin che la barca va, lasciala andare / fin che la barca va, tu non remare”.
Questa la possibile interpretazione:
Si tratta di una civiltà dai caratteri indubbiamente marinareschi che però aveva sviluppato tecniche di navigazione piuttosto rudimentali: il remo ma non la vela. Inoltre è piuttosto improbabile che essi conoscessero la bussola. Più in generale, dobbiamo concludere che questa civiltà preferiva affidarsi a una sorta di religione del Caso (o della Fortuna) piuttosto che mettere a punto vere e proprie tecniche di manipolazione del mondo esterno. Si tratta però ora di capire se questo atteggiamento fosse l’esito di una rozza imperizia, tipica dei popoli primitivi, o non piuttosto il frutto di una mentalità raffinata e profondamente pessimista, per non dire disperata, circa il senso della vita e dell’universo. I toni semplici e raffinati del ritornello ci fanno propendere per la seconda ipotesi.
Il brano prezioso da noi miracolosamente recuperato è la testimonianza di una visione radicalmente negativa dell’esistenza, anche se poi, e a ben vedere, non priva di elementi e inflessioni di paradossale allegria, che in questo caso ci piacerebbe definire “allegria di naufraghi”, l’allegria cioè di un mondo che va lentamente alla deriva e ciò non ostante ostenta disprezzo e noncuranza verso il suo tragico destino.
Lo Spirito Folletto