FIG. 1: dal film “Metropolis”, di Fritz Lang (1927)
Sant’Agostino (354 – 430), grande uomo di marketing delle proprie idee, a proposito del tempo è stato molto esplicito e chiaro: “Io so che cosa è il tempo. Ma se qualcuno mi chiede: ‘Che cos’è il tempo?’, allora non lo so più.”
Da allora sono passati molti secoli, ma in fondo ancora oggi – e anche nell’ambito organizzativo – non è facile definire il concetto di tempo in termini del tutto esaurienti. Immaginare del resto di superare al riguardo la potenza del pensiero di un Padre della Chiesa dalla cultura e intelligenza sconfinata, rischia di risultare velleitario.
Alcune considerazioni possiamo però avanzarle, proprio in base a tutto quello che ci è successo e ci sta succedendo.
È prima di tutto bene ricordare che non può esservi separazione netta tra tempo di lavoro e tempo di non lavoro. Il discorrere di tempo libero – infatti – presuppone la contemporanea esistenza di una dimensione temporale dove si è prigionieri (magari inconsapevoli, ma pur sempre carcerati…). E non è né bello né sano passare il maggior tempo della propria vita diurna in un carcere, fabbrica, associazione o ufficio che sia.
L’orologio misura il tempo che passa. E il tempo passa con uguale cadenza e ritmo, al lavoro e nel resto del nostro vivere. Sono le nostre percezioni che cambiano. E se l’uomo è portato a sostenere che – appunto – il Tempo passa, il Tempo, dal canto suo, può benissimo sostenere che è invece l’Uomo a passare…Alla lunga, è il Tempo ad aver indubbiamente ragione!
La considerazione che allora possiamo avanzare sul piano applicativo, riguarda il fatto che il tempo deve necessariamente essere considerato una risorsa privilegiata, forse la risorsa di maggior valore che uomini, donne e organizzazioni hanno a disposizione. Paradossalmente, sul piano individuale e organizzativo, siamo abilissimi nello sprecare ciò che non potremo in alcun modo recuperare. Una riunione convocata per le nove e trenta e che dovesse iniziare alle dieci, comporta la perdita secca di trenta minuti. Trenta minuti che non potranno essere recuperati “in coda”, come si dice. Ci si potrà fermare una mezz’ora in più – è vero – ma “quel” tempo sarà un tempo necessariamente diverso.
L’orologio riportato nella fig. 1, è tratto da un fermo immagine del film Metropolis, di Fritz Lang (1927). La trama: nel 2026, in una megalopoli a due livelli, gli operai che lavorano come schiavi nelle viscere della terra sono incitati alla rivolta da un robot dalle fattezze di donna, che ricorda molto da vicino una di loro, la mite e pia Maria. L’ha costruito uno scienziato al servizio dei padroni che però vuole vendicarsi di John Fredersen, il dominatore della città. La rivolta provoca un’inondazione che colpisce i quartieri poveri e operai della città: Maria convince il figlio di Fredersen (Freder) a far da mediatore tra padroni e operai. Nasce un nuovo patto sociale.
Ciò che a noi interessa notare (e, guardando il film, lo notano davvero in pochi…) è che l’orologio non ha dodici, ma dieci ore. Vengono misurate soltanto le dieci ore di lavoro. Non c’è, né è previsto, altro e ulteriore tempo in cui vivere e viversi.
Ecco codificato, nel film di Lang, ciò di cui stiamo discutendo: applichiamoci allora per far sì che il vivere umano non presupponga due dimensioni nettamente separate l’una dall’altra. Il lavoro contrapposto alla vita… Indurremmo una sorta di schizofrenia che alla lunga ci porterebbe a vivere infelicemente. E quando le persone (vogliamo per convenzione continuare a chiamarle “risorse umane”?) sono infelici, il fatturato non decolla e la qualità di prodotti e servizi lascerà sempre a desiderare. Chi ha responsabilità organizzative a livello gestionale, non potrà mai eludere la questione. Di più. Dovrà al riguardo assumersi precise responsabilità. Tenendo a mente un fatto e una tendenza: mentre siamo abituati a valutare con attenzione il rischio connesso a una qualsiasi ipotesi di cambiamento, raramente valutiamo con uguale attenzione il rischio connesso alla mancanza di cambiamento. Da questo punto di vista, dovremmo coraggiosamente imparare a gestire il nostro tempo in modo diverso. Difficile a farsi, vista la nostra naturale resistenza al cambiamento… Comunque, tentar non dovrebbe nuocerci più di tanto.
Lo Spirito Folletto