Scapinelli e Baldovino. Prima parte

Bambini e adolescenti, viandanti del mondo

Nelle Associazioni di volontariato non esiste la cartelliera-orologio di antica memoria. Che tuttavia aveva un pregio: il suo scatto meccanico segnalava con evidenza il momento in cui l’immagine del lavoratore o dell’impiegato assumeva i contorni del ruolo imposto dall’organizzazione. Non eravamo più noi, ma il simulacro di ciò che l’Azienda desiderava che fossimo. Il timbrare poi all’uscita, rendeva evidente il nostro rientrare nel nostro mondo. Di tutto ciò era possibile accorgersi, proprio in virtù di quello scatto meccanico. Adolescenti e bambini dei quali in genere si occupano volontari e volontarie, sono assunti a tempo determinato (come ognuno di noi) nell’azienda della Vita.   Da dove, però, non si può entrare e uscire. Sono e siamo impiegati a tempo pieno (un tempo diurno e un tempo notturno) fin tanto che la Vita stessa non decide di abbandonarci.

L’uso ossessivo di Facebook e di tutto lo strumentario dei “social” – alimento consumato dagli adolescenti, ormai diventati, al riguardo, bulimici – favorisce il manifestarsi di simulacri di ciò che si vorrebbe essere e tuttavia non siamo.

Anche oggi è così. Con però una differenza: lo strisciare il badge nella fessura della macchina elettronica, non fa gran rumore. Tutto è più silenzioso, subdolo e meno percepibile. E’ cioè meno facile l’accorgersi del fatto che spesso è la nostra ombra – non noi – a camminare velocemente nei corridoi, a muoversi al ritmo imposto da quella singolare macchina informatica che è il computer, a sedersi dietro banconi e scrivanie.

Corriamo allora il rischio di non vedere più la nostra immagine riflessa nello specchio della memoria. L’organigramma riduce a semplice icona organizzativa tutto l’insieme del nostro essere persone, ognuno con le proprie attese, le proprie speranze, le proprie delusioni, e sempre in balia di un mare a volte tranquillo e a volte tempestoso, dove le onde di affettività e ragione rendono a tratti difficile la navigazione.

Discorreremo quindi di ombre e immagini rubate, tema che ci vedrà impegnati a rileggere contributi forniti dal mondo dell’arte, soprattutto fiabesca, con brevi cenni a cinema e musica. Il tentativo sarà quello di declinare l’insieme delle suggestioni raccolte, all’interno delle dinamiche e delle dimensioni aziendali e organizzative.

 

Primo quadro:

 Baldovino, Scapinelli e il vivo animarsi della Corte Associativa.

  

 

 

Quino, Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo? BUR, Milano, 1993, pag.  198

 

Non vedere la propria immagine riflessa nello specchio del ristorante: nulla di più allarmante. E il pasto andrà di certo di traverso.

Ma a Baldovino, studente di Praga, successe ben di peggio[1]. Ottimo spadaccino, dissipa tutto il proprio patrimonio conducendo una vita dissoluta. Depresso e di malumore, si isola, allontanandosi da amiche e amici. Incontra uno strano vecchio, Scapinelli, che si offre di aiutarlo, promettendogli un intero patrimonio se firmerà un contratto che gli permetta di portare via quel che gli piace dalla stanza disadorna dove vive Baldovino. Il giovane studente ride, accennando al povero arredamento e sottoscrive volentieri il foglio. Scapinelli si guarda intorno fingendo di non trovare nulla che lo soddisfi ma poi indica l’immagine di Baldovino riflessa nello specchio. Il giovane acconsente a quello che ritiene uno scherzo, ma rimane di stucco, vedendo l’immagine liberarsi dallo specchio e seguire il vecchio attraverso la porta fino in strada.

Divenuto ricco e stimato, è accolto nella cerchia di un’aristocrazia di cui fa parte anche la contessa amata. In occasione di un ballo, trova il modo di confessarle il proprio amore, in una notte di luna.

Mentre sta pensando dolcemente al suo primo successo amoroso, gli appare la propria immagine appoggiata a una colonna della veranda. Ne rimane turbato, ma riesce comunque a fare avere alla giovane contessa (peraltro già fidanzata) un biglietto dove le dà un appuntamento per la notte seguente, al cimitero degli ebrei.

La sera successiva, la contessa si reca in fretta all’appuntamento. I due innamorati passeggiano nel cimitero, in totale solitudine. E’ una splendida notte, rischiarata dalla luna. Si fermano su una piccola altura. Baldovino sta per baciare l’amata, quando inorridisce alla vista del proprio altro io che si mostra all’improvviso, seminascosto da una pietra sepolcrale. Mentre la contessa Margit scappa spaventata, Baldovino tenta inutilmente di riappropriarsi della propria immagine che però nel frattempo scompare.

Venuto a conoscenza della tresca, il fidanzato della contessa sfida a duello Baldovino, nonostante tutti cerchino di dissuaderlo, vista l’abilità del giovane nel destreggiarsi con la spada. Il vecchio conte prega lo stesso Baldovino di risparmiare la vita al futuro genero e unico erede. Il giovane acconsente, promettendo di non uccidere l’avversario. Quando però si sta recando al duello, incontra il proprio altro io che pulisce la spada insanguinata. Da lontano vede l’avversario ormai ucciso. Viene colto da disperazione nel momento in cui viene a sapere che non verrà più accolto nella casa del conte. Cerca di dimenticare il proprio amore dandosi al bere. Ma in ogni occasione, anche mentre gioca a carte, si trova di fronte al proprio Doppio.

La contessa Margit non l’ha dimenticato e una notte Baldovino riesce a entrare nella sua stanza: per la prima volta i due innamorati si baciano. Per caso, Margit si accorge che nello specchio, accanto alla propria immagine, non c’è quella di Baldovino e gliene chiede la ragione. Il giovane nasconde il viso, vergognandosi, ma ecco apparire sulla porta  la sua immagine ghignante.

Margit sviene e Baldovino, inorridito, fugge. Trovata una carrozza, vi salta dentro, incitando il vetturino ad andare via il più in fretta possibile. Dopo un lungo viaggio a folle velocità, Baldovino si crede al sicuro: scende e sta per pagare il vetturino, quando però in lui riconosce il proprio Doppio.

Fugge correndo, sempre inseguito dalla propria immagine ghignante. Si precipita in casa, sbarrando porte e finestre. Decide di farla finita. Carica la pistola e si appresta a scrivere le sue ultime volontà. Il Doppio gli è di nuovo di fronte, ghignante. Fuori di sé, afferra l’arma e spara al fantasma: il Doppio scompare con gran fragore.

Baldovino si crede finalmente libero da ogni angoscia e per la prima volta riesce a vedersi nello specchio. In quello stesso istante – però – sente un dolore lancinante al petto; la camicia si inzuppa di sangue e Baldovino cade a terra morto.

L’ultima immagine del film mostra la tomba di Baldovino, in riva a uno specchio d’acqua. Sul tumulo siede il Doppio, con lo strano uccello nero che è sempre stato assiduo compagno di Scapinelli[2].

 

Spunti esegetici [3]

La trama del film potrebbe benissimo essere letta in quanto metafora amara della vita di ciascuno di noi. Quante volte, infatti, ci siamo pentiti di azioni compiute non da noi in prima persona, ma dal nostro Doppio?[4] A volte, è chiaro, si tratta di un trucco per sfuggire all’assunzione di una piena responsabilità individuale. Ma si tratta in ogni caso di una strategia umana per sopravvivere in un mondo dai tratti spesso espulsivi e pungenti.

Ciò che però ci interessa più da vicino (al di là di un riflessione esistenziale e filosofica), è la possibilità di collegare situazioni e personaggi del film di Rye, alle più diverse e attuali realtà organizzative e associative.

Per esempio:

Alla corte del volontariato, potrebbe capitare – e capita spesso – di innamorarsi del proprio lavoro. E Margit (il lavoro…) corrisponde affettuosamente. Ma, come sempre, gelosie e invidie sostengono trame calunniose che alla fine portano alla rottura di un idilio ormai impossibile.

Baldovino ricorda a chiunque sia impegnato – per scelta o necessità – a svolgere la propria attività (in campo strettamente “lavorativo” come in quello del volontariato), quanto importante sia non dissipare il proprio patrimonio di competenze, di sapere, di cultura, di umanità. Quanto importante, cioè, sia non svendersi al miglior offerente. Proprio perché i contratti in apparenza più vantaggiosi, potrebbero nascondere clausole nefaste, come quella che ha rovinato la vita al povero Baldovino.

Infine: il Doppio sopravvive al giovane studente e gli è compagno; sulla sua tomba, uno strano uccello nero, sempre presente nelle azioni truffaldine del Diavolo-Scapinelli.

Come interpretare questa inquietante e muta presenza? Potrebbe ben rappresentare un certo modo di venerare nel tornaconto economico, l’unico parametro di valutazione di ogni attività produttiva (di beni come di servizi). E i sacerdoti di questa nuova e singolare religione, presiedono i loro riti nei Consigli direttivi e nelle Banche. Non raramente procedendo a sacrifici umani. In senso metaforico, ben s’intende.

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