LA COMMEDIA (NON È STATO DANTE A DEFINIRLA “DIVINA”) È UNA FIABA E LA SI ASCOLTA VOLENTIERI. CHE SI SIA ADULTI, RAGAZZI O BAMBINI.

Il bambino è ancora una figura sconosciuta, una pagina bianca nella storia dell’umanità.

MARIA MONTESSORI

Tutti coloro che dedicano parte del proprio tempo – insegnanti, genitori, volontari – per dare conforto, sostegno e trasmettere schegge di sapere ai propri giovanissimi compagni di viaggio, dovrebbero presentarsi sempre con un sorriso e, sorridendo, sfogliare le pagine della Commedia e – perché no? – magari anche quelle dell’Odissea. Due monumenti letterari che raccontano l’avventura dell’essere nel mondo, seppur a tempo determinato. Straordinarie fiabe che insegnano la vita, suggerendo strattagemmi e strategie per renderla “sufficientemente buona”.

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Gianni Vacchelli, in “Dante e i bambini” (Bergamo, Lemma Press, 2019)  a proposito della relazione tra il Poeta e la dimensione infantile, rileva che due sono i prerequisiti per potersi avvicinare a quest’ordine di tematica: presenza di bambini, 1. Fisica e, 2.  Interiore. Sarebbe bene, quindi, che ad ascoltare siano presenti bambini in carne ed ossa e adulti con però “una disposizione “bambina”, abitata e coltivata”.

Le tre Cantiche (Inferno, Purgatorio e Paradiso) sono la cronaca di un’avventura. Un racconto sorprendente e misterioso. E a volte i bambini pongono una domanda seria: Dante è stato veramente all’Inferno, in Purgatorio e in Paradiso?

Vacchelli precisa: “Dante ha scritto la Commedia in esilio, molto probabilmente. Dal 1304-5 oppure dal 1305-6 fino al 1321, anno della sua morte, a 56 anni. Ma come ha fatto nell’esilio a trovare la forza, la costanza, la pace per scrivere un poema immenso? Misteri di Dante”.

“Dante è un uomo che si perde in un bosco oscuro e tenebroso. Basta forse questo: quante fiabe raccontano di bambini che si perdono in un bosco? …Del resto, perdersi nella selva oscura vuol dire anche disobbedire e aver disobbedito. «Stai attento al bosco, non andare lì e soprattutto non perdere il sentiero principale». Non aprire quella porta. E Dante invece, come un bambino, apre proprio quella porta”.

Continua Vacchelli: “Dante perso nel bosco. Poi vede una luce. Un colle. Spera. Esce dalla selva. Quand’ecco…come in ogni fiaba che si rispetti…tre belve. Belve = mostri, no?”

Le tre fiere – Lonza, Leone, Lupa – rinviano a tre peccati capitali: lussuria, superbia, cupidigia. E si tratta di peccati che impediscono il rintracciare e il percorre la retta via. Un tema, quindi, dall’evidente contenuto educativo-pedagogico.

Ancora Vacchelli: “Dante è con le spalle al muro: tra la selva oscura e le tre belve. Chiuso nella tenaglia della morte. Del male. Dell’ombra. E allora? Allora, come per magia appare qualcosa, qualcuno…Chi è? Virgilio! Proprio come nella fiabe: Virgilio è la guida, l’aiuto provvidenziale, è il mago, il vecchio saggio. Ogni mito, ogni fiaba ne ha uno.”

Non potrebbe trattarsi, anche, dell’insegnante, del maestro, della maestra, del volontario, impegnati tutti nello strutturare relazioni di aiuto e di sostegno educativo?

Dante decide di seguire Virgilio all’inferno. Ma ha paura. E la “Guida” lo conforta e consola raccontandogli la storia di tre donne (Maria, Lucia, Beatrice). Gli racconta una fiaba. Ai bambini (e agli adulti…) andrebbero raccontate fiabe, “consolatrici” per loro natura.

La Commedia è una super-fiaba. Ma come raccontarla ai bambini? Vacchelli avanza alcune proposte operative: la storia deve essere semplificata al massimo; nel raccontarla, si fanno versi, facce, si cambia la voce, si determina attesa. Bisogna creare un’atmosfera che generi emozione. Non è comunque essere grandi attori, anzi. Bisogna aggiungere particolari: com’è la selva, che cosa prova Dante, come sono le belve e le tre donne e così via; bisogna sfruttare i colpi di scena: bambini, sapete adesso che cosa succede? Chi appare? Sarà bene utilizzare le ripetizioni: di parole, di situazioni, di gesti. Bisogna, infine, far sì che i giovani ascoltatori ridano. Ciò che senz’altro accadrà nel ascoltare il verso “E un diavoletto del cul fece trombetta”. Vacchelli sottolinea che in Dante vi sono tracce evidenti di ironia e umorismo.

I bambini possono diventare personaggi della Commedia: possono aiutare Dante, possono dargli una mano. E così facendo, dare una mano a se stessi. La fantasia del Poeta coinvolge i bambini e stimola la loro fantasia.

Leggere la Commedia, con le sue tre Cantiche: Inferno, Purgatorio e Paradiso e – volendo – l’Odissea verrà a costituirsi come efficace strumento per combattere la “pedagogia nera”, una sorta di anti-pedagogia, di anti-iniziazione che uccide il bambino, perseguitandolo. Un punto di vista, quello di Vacchinelli, che possiamo senz’altro fare nostro.

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2 Replies to “LA COMMEDIA (NON È STATO DANTE A DEFINIRLA “DIVINA”) È UNA FIABA E LA SI ASCOLTA VOLENTIERI. CHE SI SIA ADULTI, RAGAZZI O BAMBINI.”

  1. Questo articolo mi ha ricordato gli ultimi tre anni delle superiori, in cui appunto ho letto e studiato la Commedia di Dante. L’idea di raccontare la Commedia ai bambini come fosse una fiaba è a dir poco geniale. Credo sia molto importante far conoscere ai piccoli i grandi della Letteratura del nostro Paese. Grazie davvero per questo articolo. Adesso sto postando dei reblog del progetto di Shio The Xmas Carols, che mi terrà impegnata fino alla Vigilia, ma appena dopo Natale vorrei fare un reblog di questo articolo, se mi date il consenso ovviamente. Buona giornata!
    Laura

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