DISCORRENDO DI ABBANDONO E DISPERSIONE SCOLASTICA, IN UNA PROSPETTIVA DI (IN)UTILE PROVOCAZIONE…

I più anziani, tra i lettori, ricorderanno – forse – questa filastrocca, a suo modo stupidina:

Pensa e ripensa,

E dal pensar ricavo

Che è meglio viver asino

Che morir bravo.

Stupidina senz’altro, ma con un fondo di verità. Una specie di bandiera sventolata sui merli del castello dove sono asserragliati i tanti Lucignoli che, piuttosto che andare a scuola, preferirebbero il Paese dei Balocchi. Ma possiamo, sinceramente, dar loro torto?

Ecco una giornata-tipo in una classe di seconda media inferiore:

In classe dalle ore 08 alle ore 14.00

E questo il succedersi delle lezioni:

Geometria

Tecnica 1

Intervallo dalle 09.50 alle 10.00

Tecnica 2

Geografia

Intervallo dalle 11.50 alle 12.00

Latino

Inglese

Un’organizzazione del lavoro (andare a scuola è un lavoro…) che, se studenti e studentesse fossero riuniti in un qualche specifico sindacato, verrebbe contestata a colpi di scioperi a singhiozzo. Per due ragioni almeno: la prima, relativa al succedersi dei contenuti, senza alcuna connessione logica gli uni con gli altri (un frullato di nozioni dal sapore vagamente disgustoso); la seconda, relativa alla tempistica: per essere in classe alle 8 di mattina (per vicini che si abiti) ci si deve alzare alle 7 almeno e il ritorno a casa, per l’agognato pranzo, non avverrà prima delle 14.30-15.00.

«Se otto ore vi sembran poche, provate voi a lavorar» è uno dei canti di lotta più famosi.

Con una tale programmazione didattica di certo la scuola non conseguirà il primo e principale obiettivo che le competerebbe: far innamorare gli allievi del sapere e della conoscenza. Ma tant’è: dobbiamo farcene una ragione.

Sempre i più anziani, tra i lettori, ricorderanno che il primo obiettivo della scuola di un tempo era quello di insegnare a stare composti e con le braccia conserte. I bei voti erano assegnati prima di tutto ai ragazzini “composti” e che, magari, avessero anche l’abitudine di imparare a memoria scampoli di nozioni scucite le une dalle altre…Oh Valentino vestito di nuovo come le brocche di bianco spino…Meglio di niente, si potrebbe osservare.

E ora? Restiamo ai voti, strumento principe di gestione didattica. In gran parte vengono trasmessi agli allievi, per esempio in relazione alle verifiche, attraverso le nuove tecnologie (vedi WhatsApp). L’informazione viene trasmessa “freddamente” allo scolaro e ai suoi genitori. Che, tra l’altro, possono venire tenuti al corrente, in tempo reale, delle eventuali assenze del figlio. Ecco uno dei numerosi vulnus del moderno impianto educativo: non lasciare lo spazio alla creatività “deviante” con la quale, nel passato, si imitavano le firme dei genitori sui moduli predisposti per giustificare le assenze ( si imparava a gestire criticamente il rischio dell’essere scoperti). Ma c’è di più. Di norma, il voto assegnato non viene “illustrato”. Il più delle volte viene appuntato nella mente dei ragazzi fattasi anch’essa “registro” di un dato quantitativo il cui senso sfugge e non è riconoscibile. Ci si concentra sulle “medie” aritmetiche funzionali all’essere promossi o meno. L’errore in cui si incorre, lungi dall’essere occasione di fruttifera spiegazione e crescita, viene semplicemente “punito”.

Anche gli insegnanti, chiamati a gestire gruppi troppo numerosi di allievi con gli stili cognitivi personali i più svariati e che prevedono tempi di acquisizione del sapere differenziati e con origini culturali diverse, sono anch’essi “vittime” di un sistema nato e imposto da logiche burocratiche quanto mai distanti da ciò che dovrebbe qualificare un’efficace e sana strategia didattica.

Su queste tematiche possono risultare di un certo interesse gli interventi di Umberto Galimberti, scaricabili da Youtube.

Oltre a questo spunto e suggerimento, ecco un’antologia di strumenti utili a coloro che dell’abbandono e della dispersione scolastica vorrebbero interessarsi o si interessano:

Il banco vuoto. Diario di un adolescente in estrema reclusione

 Antonio Piotti, Franco Angeli

Rischio di dispersione scolastica e disagio socio-educativo. Strategie e strumenti di intervento in classe

M. Pellerone (a cura di), Franco Angeli

Elogio del ripetente

Eraldo Affinati, Mondadori

Dispersione scolastica e disagio sociale. Criticità del contesto educativo e buone prassi preventive

R. FaddaE. Mangiaracina (a cura di), Carocci

Io speriamo che non disperdo…

 Alida Giacomini, Domenico Galmozzi, Sovera Edizioni

Per non perdere la strada: Progetto ATOMS. Il contrasto alla dispersione scolastica e formativa

Alessandro TolomelliGiovanna Guerzoni (a cura di), CLUEB

Riscrivere la dispersione. Scrittura e orientamento narrativo per la prevenzione

Federico Batini, Maria D’Ambrosio, Liguori

Dispersi e ritrovati. Indagine sui percorsi di uscita dalla scuola e di rientro in formazione dei giovani torinesi

Ludovico Albert, Enrico Allasino, Piera Cerutti, Bollati Boringhieri

Perché nessuno si perda. La Piazza dei Mestieri: un modello per contrastare la dispersione scolastica

 E. Ragazzi, Guerini e Associati

Cercasi e non trovarsi. Due scuole per un sistema. Primo rapporto di ricerca sulla dispersione scolastica nelle scuole superiori del Mugello

 M. Bontempi, All’Insegna del Giglio

Studenti in bilico. Un modello innovativo di orientamento per la prevenzione della dispersione scolastica

G. GullìG. PocaterraS. Pozzi (a cura di), Bruno Mondadori

Reti contro la dispersione scolastica. I cantieri del possibile

 Rossi-Doria MarcoTabarelli S. (a cura di), Erikson

*

One Reply to “DISCORRENDO DI ABBANDONO E DISPERSIONE SCOLASTICA, IN UNA PROSPETTIVA DI (IN)UTILE PROVOCAZIONE…”

  1. Sul tema si potrebbe discorrere all’infinito.
    Troppo spesso non si considera l’intero ecosistema in cui lo studente è inserito, con un insieme elevato di variabili non sempre gestibili, ed ecco che la scuola a volte non è più una priorità: penso ai contesti di disagio familiare o economico, nei quali bambini e ragazzi diventano facile preda della dispersione scolastica.
    Da qui nasce e prende forma il dilemma della valutazione… è giusto utilizzare lo stesso metro di giudizio per tutti, indipendentemente dalle storie di vita di ciascuno? Uguaglianza o equità? Stesso tipo di valutazione o stesse opportunità di formazione?

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