MI LAVO LE MANI O ME NE LAVO LE MANI?

Le espressioni che colorano la lingua italiana sono davvero curiose nella loro singolare ambivalenza. E non dev’essere facile per uno straniero acquisirne il complesso delle modalità espressive, come nel caso del rapporto tra acqua e mani.

In questo strano periodo dove COVID19 sembra continui a farla da padrone, il lavarsi spesso le mani pare sia una procedura di autodifesa importante che, coniugata al distanziamento sociale, si spera sia un antidoto sufficiente a rallentare la diffusione del virus.

Ma ecco l’equivoco: l’evangelista Matteo (27, 24) racconta testualmente che “Pilato prese dell’acqua e si lavò le mani alla presenza della folla, dicendo: sono innocente del sangue di costui. Sbrigatevela voi”. Se ne lavò le mani, lasciando al popolo la decisione di liberare Gesù o Barabba. E il popolo fu a favore della liberazione del ladrone Barabba e della crocefissione di Gesù (riflettete, cultori del “tutto il potere al popolo…”).

Torniamo ai giorni nostri. Rispetto a tutto ciò che succede, virus imperante compreso, è bene lavarsi le mani o, con Pilato, lavarsene le mani? La metafora non necessita di particolari chiarimenti, essendone chiara la dimensione etica.

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