NEVROSI, DIPENDENZA DA INTERNET E QUALITA’ DELLA VITA

Come è ormai consuetudine consolidata, pubblichiamo di tanto in tanto – tra i molti articoli e scritti di Daniele Corbo (Orme Svelate) – i contributi che più direttamente interessano coordinatrici, educatrici e volontari impegnati nelle attività educative che caratterizzano UVI. In particolare, il discorrere di dipendenza da Internet e dai social media, riveste importanza particolare in questo momento storico dove, a causa della pandemia e della chiusura delle scuole e di tutti i luoghi di aggregazione, la tecnologia appare come utile strumento di socialità (apparente?) interattiva, con però tutti i rischi che ciò comporta, rischi che l’articolo mette in luce.
Un chiarimento preliminare: i disturbi nevrotici caratterizzano la realtà quotidiana di ognuno di noi e presentano tutti un tasso d’ansia, che è un normale stato psicologico di attesa e vigilanza. L’ansia assume caratteristiche di nevrosi quando diventa l’espressione di uno stato conflittuale. E quale la differenza tra psicosi e nevrosi, tanto per finire con una parola ironica e chiarificatrice? Lo psicotico non sa quanto fa due più due. Il nevrotico lo sa, ma gli secca moltissimo.

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La qualità della vita è un antico concetto che risale almeno ad Aristotele, anche se per il filosofo i capisaldi di una buona vita erano la felicità (eudaimonia), la virtù, la ragione pratica e le emozioni, quindi non era propriamente analoga a ciò che oggi chiamiamo qualità della vita. Oggi si parla molto di salute mentale e benessere e dei presunti problemi del nevroticismo e del comportamento che crea dipendenza. In nessun luogo questo sembra essere più nettamente in rilievo rispetto a quando parliamo di dipendenza da Internet e di come questo potrebbe essere modulato dalla personalità di tipo nevrotico ed essere dannoso per la qualità della vita. Scrivendo sull’International Journal of Behavioral and Healthcare Research, un team iraniano discute esattamente come la cosiddetta dipendenza da Internet possa avere un effetto sulle persone di una disposizione nevrotica e sulla loro qualità di vita. Fondamentalmente, il loro studio mostra che il nevroticismo come tratto di personalità può portare all’elusione della vita quotidiana come meccanismo di coping e questo si manifesta comunemente nella dipendenza e dipendenza da Internet e forse più ovviamente dai social media online. I risultati indicano che coloro che ottengono un punteggio elevato nel nevroticismo sono più inclini a muoversi verso comportamenti di dipendenza come la dipendenza da Internet. Ciò conferma il precedente lavoro indipendente e rafforza anche l’idea che il nevroticismo sia solitamente accompagnato dall’evitare la comunicazione faccia a faccia con altre persone. Internet e i social media online si prestano fortemente a questo comportamento. Il team aggiunge che l’uso eccessivo della tecnologia necessaria per interagire con Internet – computer e telefoni cellulari, ad esempio – spesso non si presta a una postura appropriata né a un’attività fisica e in molti casi porta a lesioni da sforzo ripetitivo evitabili, che possono avere un impatto negativo sulla qualità della vita.
Daniele Corbo
Bibliografia: “Neuroticism and quality of life: the mediating role of internet addiction”. by Zahra Khayyer; Mohammd Ali Najinia; Reza Jafari Harandi. International Journal of Behavioural and Healthcare Research
Pubblicato da Daniele Corbo (Orme Svelate) il 6 maggio 2020

2 Replies to “NEVROSI, DIPENDENZA DA INTERNET E QUALITA’ DELLA VITA”

  1. Questo articolo mi ha richiamato alla mente l’ultimo commento di Crepet che ho sentito recentemente . Più che altro un attacco molto chiaro a chi non si rende conto che il rischio di continuare con la scuola on Line è più che nevrotizzare i bambini. E francamente non saprei come dargli torto

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  2. Penso che la possibilità di stare a contatto con le persone con mezzi virtuali, ad esempio in un momento come questo, sia sicuramente un vantaggio. Indubbiamente però va a rispondere in modo “difensivo” a tutte quelle persone che hanno delle difficoltà relazionali e che si sentono “protette” dal virtuale. Mi sembra che il limite sia molto sottile e variabile da persona a persona e che vada proprio cercato nei tratti di personalità individuali.

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