Bullismo e Cyberbullismo: considerazioni sul primo incontro

Ormai non possiamo più negare l’esistenza del fenomeno Bullismo. Alcuni di noi probabilmente avranno avuto modo di conoscerlo attraverso il proprio lavoro, attraverso corsi di formazione e per esperienze proprie o di un familiare. Ma quanto veramente sappiamo di questo fenomeno? Quanto a fondo ne consociamo le dinamiche e la portata?
Purtroppo ancora troppo poco, e come spesso accade per i “nuovi mali”, ne sottovalutiamo la forza e ne mettiamo in dubbio perfino l’esistenza.
Il 10 Aprile, a Milano, in Via Sant’Antonio 5, presso la sede dell’ Unione Volontari per l’Infanzia e l’Adolescenza si è tenuto il primo incontro del corso Bullismo e Cyberbullismo tenuto dalla criminologa Solidea Valente ( il corso è gratuito e aperto a tutti . Potete iscrivervi contattando la segreteria di direzione allo 02781297).
Il gruppo d’ascolto presente, seppur di sole donne, era eterogeneo e composto da educatori, insegnanti, genitori e studenti. A rappresentare l’universo maschile il sottoscritto e  Silvio Morganti.
Questo aspetto merita una riflessione. E’ naturale pensare che sia un caso, in realtà io ci vedo un’esibizione della nostra cultura occidentale per cui si crede ancora che stati d’animo da cui affiorano debolezze e fragilità appartengono solo alle donne. Il Bullismo, invece, non fa distinzione di sesso e colpisce i maschi tanto quanto le femmine. Pertanto amiche coinvolgete nei prossimi incontri i vostri mariti, compagni o colleghi.
Non vi è certezza sull’etimologia della parola Bullismo, ma sembrerebbe alle origini avere un’accezione positiva. Addirittura sembra ricondursi all’olandese boel che sta a significare fratello.
In realtà ti rendi conto di quanto subdola possa essere questa manifestazione di violenza quando a spiegartela e raccontartela è una ragazzina vittima dei cosiddetti bulli, che non hanno nessun amore fraterno.
La chiameremo Marta (nome di fantasia).
Marta è una splendida ragazza che fin dalla scuola materna subisce vessazioni da parte dei compagni/e di classe. Ha cambiato scuola, ma il problema si è ripresentato. Nuovi compagni e nuovi bulli.
Oggi sta combattendo la sua battaglia grazie all’appoggio dei genitori e il solo fatto di essersi aperta mi ha fatto pensare che la strada per far emergere il coraggio che ha dentro sia ormai tutta in discesa.
Marta grazie! Ci hai arricchito l’anima con i tuoi racconti.
Lo dico con estrema sincerità, mi sono sentito privilegiato nell’averti ascoltata.
Allo stesso tempo mi viene naturale chiedermi, perché? Perchè proprio Marta? Addirittura cambia scuola e trova lo stesso nuovi bulli?
Non fraintendetemi, non sto dicendo che è colpa di Marta se ha dovuto subire quello che ha subito, ma vorrei darvi uno spunto di riflessione.
Quando secondo voi un bambino/adolescente diventa una vittima?
Quando incontra sulla sua strada il bullo lo è già vittima? Ancor prima di incontrarlo?
Non sto cercando l’eziopatogenesi del bullismo, ma voglio spingervi a veder il bambino come individuo prima ancora di inquadrarlo come vittima o carnefice. Se ci rivolgiamo al bambino come individuo non pensate che si possa prevenire questo fenomeno all’origine?
Quando parliamo di prevenzione ci concentriamo sui fenomeni di manifesta e tangibile malvagità, ma perché la prevenzione deve essere rivolta solo a fattori esogeni e non a fattori endogeni dell’individuo bambino? Un bambino che ha una spiccata sensibilità e fragilità potrà esplodere come carnefice o implodere come vittima, ma in entrambi i casi possiamo affermare di essere stati capaci di prevenirne l’esito?
Diventa importante, allora, pensare ad un modo diverso di fare prevenzione. Dobbiamo puntare a far crescere l’autostima nei nostri bambini affinché possano avere gli strumenti per affrontare le avversità che inevitabilmente incontreranno. Oggi può essere un bullo, domani un brutto voto o un amore finito, ciò che conta è che siano capaci di reagire, di essere sereni e consapevoli di sé in ogni situazione.
Lasciamo scoprire ai nostri bambini tutte le emozioni, aiutiamoli a riconoscerle e accettarle per quello che sono, senza subirle. Ma, forse, dovremmo essere noi genitori, educatori e insegnanti i primi ad imparare come si fa. Dite che lo stiamo già facendo?
Ne siamo proprio sicuri…

Antonio Viscardi

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