Mi spieghi – in parole povere – che cos’è la Psicologia?

PASSO NUMERO 1

Immaginiamo che Psicologia sia una Signora gentile. Una Signora che è venuta a trovarci perché ha saputo che volevamo conoscerla.
Dopo i saluti e dopo esserci seduti davanti a una tazza di tè, le chiediamo prima di tutto che razza di nome sia mai “Psicologia”. Uno strano nome. Che cosa sta a significare ? Chi gliel’ha dato ? Perché ?

R. Chi me l’ha dato e quando, proprio non lo ricordo. So bene però che cosa significa. Intanto bisogna sapere – ma forse lo sai anche tu – che quasi tutte le parole italiane derivano dal Latino o dal Greco. E così anche il mio nome deriva dal Latino: psychologia. Ma più interessante è il fatto che la parola latina deriva a sua volta dal greco: ψυχή (psiché) e λογος (logos).
Credo che tu sia interessato a sapere che cosa significa “psiché” e “logos”.
Può sembrarti strano, ma “psiché” – in greco – ha molti significati:
soffio, alito, soffio vitale, respiro, anima, sede dei sentimenti.
Anche “logos” ha molti significati, ma quello che più mi piace è: scienza o, se vuoi, studio.
Ecco allora che chi mi ha dato il nome di “Psicologia” ha voluto dirmi di che cosa avrei dovuto occuparmi. Avrei cioè dovuto occuparmi dello studio dell’anima umana. E pensa che sono nata, almeno così ho letto nei documenti di molti anni fa,nella seconda metà dell’Ottocento. È stato uno scienziato tedesco a dirmi che era giunto il momento che io cessassi di occuparmi di questioni filosofiche (questioni delle quali si erano occupati da secoli pensatori di tutto il mondo. E devo dire che, per me, i più simpatici sono Socrate, Platone e Aristotele. Grandi filosofi vissuti qualche secolo prima di Cristo). Wilhelm Wundt – così si chiamava lo studioso tedesco – voleva che io diventassi “scientifica”. Ed eccomi qui.
Da allora studio il comportamento di uomini, donne e bambini.
Ma, per terminare, stai a sentire che bella storia ha la parola “Anima”.
Deriva dal greco “Άνεμος” (Ànemos), “vento, soffio”. E pensa che Anim – nella lingua degli Accadi (un popolo vissuto circa quattromila anni fa) – era il dio del cielo e che, nella lingua dei Sumeri (anche questa una popolazione vissuta qualche migliaio danni fa) IM stava ad indicare il vento. Forse perché – se ci pensi bene – il segno IM potrebbe indicare una vela.
Ti ho annoiato ?
D. Eh, sì. Un po’ sì. E ti spiego perché. Non capisco a che cosa mi possa servire sapere la storia del tuo nome. Ti chiami “Psicologia”. Stop. Latini, greci, assiri, sumeri: roba antica. Dimmi piuttosto chi sei, oggi. E che cosa fai, oggi. E come lavori, oggi. Ma soprattutto: conoscerti potrebbe migliorare la qualità della vita che sto attualmente conducendo ?

R. Beh, intanto – caro mio – sei stato tu a domandarmi del mio nome. E io – cortesemente – te ne ho fatto, brevemente, la storia. E poi: considera che “Psicologia” non è un nome che mi è stato dato da mamma e papà, come è senz’altro accaduto a te. I vostri genitori vi hanno chiamato con un dato nome per ricordare un parente, un amico o più semplicemente perché era un nome che piaceva. Per me è stato diverso: io non ho né padre né madre, in senso biologico. Il nome che porto mi è stato dato, possiamo dire così, dalla comunità scientifica umana. Ed è un nome che ha senso e significato precisi. Mi è stato dato perché io sappia sempre, e bene, di che cosa mi devo occupare:devo studiare e capire perché le persone fanno i sogni che fanno e si comportano come si comportano.

D. Allora tu saresti in grado, adesso, di dirmi chi sono io, perché ho fatto quello che ho fatto e faccio quello che faccio ?

R. Assolutamente no. Semmai, potrei solo aiutarti a capire ciò che ti interessa capire. Ma questa è una questione che affronteremo quando ti avrò spiegato come lavoro e con quali strumenti. Nei prossimi “passi” ti racconterò di quante siano le “scuole” di psicologia, una diversa dall’altra. E pensa che ogni “scuola” vede le cose umane a suo modo. Ti proporrò un po’ di letture e qualche documento.
Ti do un suggerimento. Ogniqualvolta leggi un testo, prova a seguire questo metodo:

1. CHE COSA DICE IL TESTO
2. CHE COSA DICE A ME
3. CHE COSA DIREI IO A CHI HA SCRITTO IL TESTO

Facciamo un esempio banale: a un condannato in primo grado (vedrai tra poco il caso di un povero “calunniato”) viene presentato il dispositivo con cui il giudice lo condanna. La linea di difesa potrebbe essere più convincente se questo stesso condannato avrà la pazienza di procedere secondo il modello che ti ho suggerito.

D. Ci proverò e poi ti faccio sapere. Ma sono curioso di vedere la storia del povero “calunniato”.

R. Te la racconto volentieri anche perché ti accorgerai che…:

La Psicologia è raccontata anche dalla storia dell’arte…

Sandro Botticelli, la Calunnia, 1490 circa (guarda l’immagine al di sopra del titolo)

• PROCESSO DECISIONALE 
• GIUDICE (CON LE ORECCHIE D’ASINO…) 
• SOSPETTO 
• IGNORANZA 
• LIVORE 
• INVIDIA 
• MENZOGNA 
• CALUNNIA 
• CALUNNIATO 
• PENITENZA (PENTIRSI DI…) 
• VERITÀ 
• ERUDIZIONE vs CULTURA (STATUE E BASSORILIEVI) 

Sono solo alcuni degli aspetti di cui mi occupo in prima persona. Ma di tutto questo e di altro parleremo nel prossimo nostro secondo incontro. Sempre che tu sia interessato ad ascoltarmi.

D. Grazie. Ci vediamo la prossima settimana.

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