FIABE, PEZZI DI STOFFA, BENESSERE INFANTILE

(per una strategia didattico-pedagogica efficace)

Tutti coloro che si impegnano a vario titolo del benessere infantile dovrebbero avere dimestichezza con favole, fiabe e racconti. La Piccola Fiammiferaia, per esempio, di H. C. Andersen.

C’era una volta una bambina che, nel grande freddo della notte di Natale, sfregava un fiammifero dopo l’altro, per riscaldarsi. E ogni volta, alla tenue luce della fiammella, si realizzava un desiderio: una stufa ben calda, una tavola apparecchiata, un albero di Natale con molti giocattoli. L’ultimo fiammifero le fa apparire la nonna morta, buona e protettiva. La bambina immagina e spera che possa andar via con lei, in un mondo affettuoso e che le sia amico. E così, chi la trovò nella gelida mattinata, ne vide le gote rosse, morta di freddo ma con il sorriso sulle labbra.

L’obiettivo di chi ha a cuore il benessere infantile dovrebbe essere quello di far sì che il sorriso del bambino non sia momentaneo, istantaneo, sulle labbra di un bambino ormai (anche psicologicamente) morto e silente ma – al contrario- che questo stesso bambino possa sorridere alla vita, nel breve, medio e lungo periodo.

Nella fiaba di Andersen, i fiammiferi della bambina sono oggetti che realizzano un desiderio che tuttavia si frantuma subito contro il muro di una gelida realtà. I fiammiferi sono deludenti, illusori, mortiferi. Avanziamo un’azzardata analogia: le attività svolte nei contesti educativi (in particolare negli spazi dedicati all’accoglienza delle fragilità esistenziali dei nostri giovani compagni di viaggio) potrebbero correre il rischio di connotarsi come i “fiammiferi” della nostra fiaba.

Che fare? Verrebbe allora da chiedersi.

Ecco un’ipotetica risposta: bisognerebbe porre le fondamenta di un’area illusoria permanente che permetta di sopportare ogni tipo si separazione, di fatica, di delusione, di sofferenza. La nostra bambina era così povera che, senza dubbio, non aveva il minimo pezzo di stoffa, di lana, il più piccolo animaletto di peluche. Stiamo parlando dell’Oggetto Transizionale: un pezzo di qualche cosa, inanimato, un lembo di lana, di stoffa, un peluche, un lembo di coperta. Il bambino lo stritola, lo succhia, lo sciupa, lo deforma fino a renderlo irriconoscibile. Lui solo può continuare a viverlo come proprio.

Una qualsiasi attività didattico-pedagogica (e, più in generale: educativa, in quanto anche gli adulti troverebbero giovamento dal poter disporre di un proprio Oggetto Transizionale) dovrebbe allora proporre i vari e più diversi spezzoni di sapere – cognitivo e comportamentale – in modo tale che possano essere “sciupati, succhiati, stritolati, deformati” fino a farne materiale riconoscibile soltanto al destinatario dell’azione educativa.

Bambini e bambine di cui ci si occupa, dispongono di un proprio Oggetto Transizionale o vivono la propria esperienza nel confortante spazio di accoglienza educativa come una sorta di particolare fiammifero la cui tenue fiammella illuminerà solo per poche frazioni di tempo un benessere che viceversa dovrebbe via via consolidarsi?

Senza l’Oggetto Transizionale non sarà del resto possibile alcune felicità in età adulta.

Per un eventuale approfondimento:

Catherine Clement, I fiammiferi e la musica. A proposito dell’oggetto transizionale.

In: AAVV, Il pensiero di D.W. Winnicott, Roma, Armando, 1982

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One Reply to “FIABE, PEZZI DI STOFFA, BENESSERE INFANTILE”

  1. Può capitare che i volontari talvolta si chiedano: “Stiamo facendo abbastanza?”, col timore che i loro sforzi e i loro interventi possano essere vani perché magari in futuro non ci sarà più qualcuno disposto ad aiutare i bimbi che hanno bisogno di sostegno.
    Ecco… a tal proposito credo che il volontariato di UVI, che apparentemente potrebbe sembrare breve e vano, abbia invece il grande obiettivo e compito di offrire ai nostri bimbi l’oggetto transizionale, la copertina da coccolare e stropicciare per tutto il suo sviluppo, fino all’età adulta.

    "Mi piace"

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